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I governi di minoranza in Italia: chi li ha guidati e come sono andati

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I governi di minoranza in Italia sono stati ben 13 nella storia repubblicana: come sono andati?

L’art. 94 della Costituzione italiana prevede che il presidente del Consiglio per governare abbia bisogno della fiducia espressa da parte dei parlamentari di entrambe le camere del Parlamento, il che vuol dire in questa legislatura 315 voti alla Camera (il Conte bis ne ha ottenuto 321 nell’ultimo voto di fiducia), e 161 al Senato (l’esecutivo nel voto del 19 gennaio si è fermato a 156, quota che garantisce comunque un maggioranza relativa). Si genera in questo caso un governo di minoranza, legittimato ad andare avanti, ma che potrebbe avere delle serie problematiche nel suo lavoro, con le varie commissioni parlamentari che potrebbero finire letteralmente in stallo. Fondamentali in tal senso sono le opposizioni che possono aiutare il Paese a non arenarsi su se stesso e mostrare un atteggiamento più collaborativo e responsabile.

I governi di minoranza in Italia

Nella storia repubblicana italiana sono stati 13 i governi di minoranza, con la Democrazia Cristina che ne aveva fatto un vero e proprio marchio di fabbrica ai tempi della prima repubblica. Molti infatti gli esecutivi che andavano avanti senza i numeri necessari, ma contando sull’astensionismo di alcuni deputati o sulla loro assenza dall’aula. De Gasperi IV fu il primo nella storia ad avere un governo di minoranza nel 1947-1948, stessa sorte che gli toccò nel 1951 con il De Gasperi VII (Dc-Pri). Poi fu la volta del Fanfani II nel 1958-59, quando la maggioranza assoluta alla Camera mancò per soli 4 voti. Altro caso fu quello del 1963, quanto nel passaggio da Leone a Moro il primo forma il governo con solo 255 voti alla Camera e 133 al Senato, ma potè andare avanti grazie all’astensione di Psi, Psdi e Pri, che però l’anno dopo appoggiarono Moro.

Nella storia più o meno recente è celebre il terzo governo Andreotti che con soli 136 voti al Senato e 258 alla Camera resistette dall’agosto del ’76 al marzo del ’78. Non si opposero alla sua formazione Pci, Psi, Pli, Pri, Psdi. E ancora il primo governo Berlusconi nel ’94 non aveva la maggioranza assoluta al Senato dove i voti erano appena 159 compresi quelli dei senatori a vita Agnelli, Cossiga e Leone. L’esecutivo cadde in pochi mesi, quando la Lega Nord di Bossi tolse la fiducia. Solo l’anno dopo, nel 1995, fu il turno di Lamberto Dini, che però non aveva la maggioranza assoluta alla Camera dove aveva solo 302 deputati, mentre al Senato erano 191. Ad astenersi furono in 270, compreso Berlusconi. In ultimo il governo D’Alema II che nel 1999 ottenne la fiducia di 177 senatori e di solo 310 deputati, durò poco più di 4 mesi.