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Il governo Draghi è una vittoria della vecchia politica

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Doveva rappresentare il ritorno della meritocrazia al governo, ma alla fine il nuovo esecutivo Draghi è stato una vittoria per la vecchia politica.

Eccolo qui il “miracolo politico” innescato da Renzi, eccolo qui il “governo di alto profilo” agognato da molti, eccolo qui il ritorno della “meritocrazia al governo”, ecco qui “il governo dei migliori”. Giorni passati ad agognare un “governo tecnico” fingendo di non sapere che la politica, piaccia o no, è tutta lì nel Parlamento, nelle trattative, nelle mediazioni e ovviamente pronta a infilarsi nelle pieghe. Così si scorre la lista dei ministri del nuovo governo Draghi e si ritrovano personaggi che erano stati seppelliti proprio dalle scelte politiche e che ora ritornano prepotentemente come classe dirigente grazie a un astuto gioco di scambi di potere.

Governo Draghi: una vittoria della vecchia politica

Per carità, niente di antidemocratico e nulla di nuovo sotto al sole se non fosse che per settimane abbiamo dovuto sopportare le litanie di chi si fregiava di avere liberato l’Italia da incompetenti per poi ritrovarsi, con un nuovo dominus, quelli stessi che erano considerati “incompetenti” che sono ancora ministri, affiancati da qualche vecchia cariatide, da qualche negazionista che ora ci faranno passare come novello Richelieu, da ministri che furono ministri nel 2008 (13 anni fa) eppure ora miracolosamente vorrebbero profumare di “nuovo”, da una ministra definita definita “di forte ispirazione cattolica” perché omofobi e antiabortista sarebbe stata considerata una definizione troppo appuntita, dal leghista che avrebbe voluto abolire i medici di base (e infatti i suoi compagni di partito in Lombardia li hanno svuotati, i medici di base, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti), da una ministra per le disabilità che mostra tutta la sua empatia e tutto il suo spirito di inclusione mentre innalza il Parlamento un cartello che strilla “No ius soli”, con un ministro a occuparsi della pandemia che fino all’altro ieri era considerato uno dei capi della “dittatura sanitaria” dai suoi nuovi compagni di governo, con Di Maio agli Esteri che era considerato il simbolo dell’incompetenza e ora si ritrova in Consiglio dei Ministri con quelli che lo sbertucciavano, con Franceschini alla cultura (forse uno dei peggiori ministri alla cultura degli ultimi anni) che continua imperterrito e con tecnici a cui tocca per forza fare affidamento.

Il ritorno del centrodestra al potere

Si legge in giro che a qualcuno piace comunque questo governo. Per forza: chi nel centrodestra non può essere felice di un ribaltone che riporta il centrodestra così prepotentemente al potere in un esecutivo di centrodestra con l’opposizione di destra? Dai, non scherziamo, su: il governo Draghi, nonostante sventoli una presunta verginità che gli dovrebbe essere data dall’essere impolitico, sarà un governo politicissimo come si immaginava da giorni e si appoggia su una maggioranza talmente larga che renderà inevitabilmente complessi tutti i passaggi parlamentari per riuscire ad accontentare tutti o più probabilmente a non scontentare troppo nessuno.

E la squadra di governo statisticamente disegna l’identikit di un maschio 55enne lombardo-veneto con 6 ministri di centrodestra (3 ciascuno per Lega e Forza Italia), 4 del M5S, 3 del PD, 1 di Leu e 1 di Italia Viva. Bastano le statistiche per capire di cosa stiamo parlando?

L’illusione dei tifosi di Draghi

Ora aspettiamo di vedere come si muoverà il governo e confidiamo pure nelle capacità taumaturgiche di Draghi (innalzato a salvatore della patria nella patria che dimentica in frettissima il salvatore precedente) ma che la lista dei ministri abbia scontentato anche molti dei sostenitori di Draghi fin dalla prima ora è un sentimento che si ascolta in giro.

Poi, certo, ci sono gli sfegatati: sono quelli che avrebbero voluto Draghi come Presidente del Consiglio e tanti piccoli Draghi come ministri, sono quelli che da giorni si lamentano a mezza bocca del fatto di dovere fare i conti con il Parlamento e sono gli stessi che in queste ore, non riuscendo a riprendere contatto con la realtà, ci vorrebbero convincere che i nuovi ministri (soprattutto quelli considerati “mediocri”) non influiranno perché alla fine sarà comunque Draghi a fare tutto, illudendosi davvero che i partiti continueranno a lungo ad accettare di essere solo figurine utili per l’equilibrio parlamentare. Intanto là fuori dalla maggioranza Meloni e i suoi rischiano di prendere, come unica opposizione esistente, i delicati ruoli al Copasir, alla Vigilanza Rai e vigilanza su Cdp.

Confidiamo nel nuovo governo, com’è naturale, ma definirlo un capolavoro è piuttosto azzardato.