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Parla di due tiranti che si spezzano in contemporanea la testimone Maria Marangolo, un’infermiera facente parte del personale ASL di Genova, che quella tragica mattina del 14 agosto si trovava alla fermata dell’autobus. Proprio da lì ha infatti assistito al crollo del viadotto, impotente: la sua richiesta d’aiuto è stata immediata, ma per molte delle vittime già non c’era più nulla da fare.
Tiranti spezzati insieme
“Ho visto i tiranti spezzarsi contemporaneamente, poi sono caduti sulla carreggiata, l’hanno fatta salire in alto e dopo si è spezzata la campata. Erano le 11.36, perché ho ancora il messaggio di richiesta di aiuto che ho inviato a un amico” racconta la donna, ancora scossa dal susseguirsi degli eventi, che si dice pronta a testimoniare in tribunale e ad affrontare i magistrati se necessario. Sono infatti immagini molto vivide quelle che descrive la signora Marangolo, che potrebbero servire per una ricostruzione più adeguata della vera motivazione del crollo. In base alla testimonianza di Maria inoltre potrebbe esserci una valutazione sulla responsabilità del danno: tutto dipende dalla magistratura.
Un’esperienza inaspettata
Oltre alle implicazioni legali che potrebbero avere, è importante mettere in evidenza le parole della donna per ben comprendere quali siano i sentimenti primari davanti a questa scena. Durante la narrazione della sua esperienza infatti, si avverte ancora quella buona dose di ansia che potrebbe paralizzare chiunque davanti ad un disastro simile. La signora spiega che in quel momento era appena uscita dal luogo di lavoro dopo aver finito il suo turno, e data la pioggia aveva cercato riparo nel primo posto disponibile, ovvero la pensilina della fermata del bus.
Le parole della testimone
“Stavo guardando in alto, proprio verso il ponte, nel momento in cui e’ successa la tragedia. Tutto sarà durato al massimo 15 secondi. Ho avuto un attimo di panico, c’era un rumore orribile, fumo grigio dappertutto e non ci potevo credere, pensavo a tutte quelle persone che stavano morendo, e mi sono tremate le gambe” racconta Maria, riportando alla mente il momento di terrore.
Nonostante tutto, il racconto non si ferma, ed emergono particolari sempre più inquietanti:”Quando è avvenuto il crollo ho prima tentato di fermare un autobus e poi delle macchine, per dire loro di non proseguire, perché poteva cadere anche l’altro pilone, quello su via Fillak, ma inizialmente non mi credevano, mi prendevano per pazza, poi volgevano lo sguardo verso il fiume e capivano”.
Le reazioni
Maria va avanti a parlare, e fa sapere anche delle verie reazioni che ha potuto sperimentare da parte delle persone. L’infermiera racconta infatti che, dopo essere entrata di corsa in una tabaccheria dopo aver dato l’allarme, le è più volte stato chiesto se anche lei avesse sentito delle fantomatiche scosse di terremoto. Incredule le facce di chi scopriva piano piano che non si era trattato di un terremoto, ma del crollo di Ponte Morandi.
“Soprattutto avevo paura che cadesse anche l’altro pilone, quello sulle case, dove ci sono persone che conosco, ero terrorizzata. Non per me, per loro e per quelli che erano caduti” conclude poi la testimone. La donna afferma dunque di ricordarsi ben bene della dinamica dell’incidente e di essere in grado di affrontare un processo da testimone oculare: “Mi sono decisa a raccontare anche se ero scioccata perché le vittime meritano che sia fatta luce su quanto successo, ho sentito tante versioni in queste ore ma alcune non corrispondono alla verità“.