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Quali sono le caratteristiche del Tokaji ungherese

quali sono caratteristiche tokaji ungherese

Andiamo alla scoperta di come nasce il Tokay, vino ungherese e slovacco tra i più noti in tutto il mondo, e delle sue caratteristiche. Leggenda vuole che il Re Sole lo abbia definito Vinum Regum, Rex Vinorum, ossia il “vino dei re, re dei vini”: il tokaji, vino ungherese prodotto quasi esclusi...

Andiamo alla scoperta di come nasce il Tokay, vino ungherese e slovacco tra i più noti in tutto il mondo, e delle sue caratteristiche.

Leggenda vuole che il Re Sole lo abbia definito Vinum Regum, Rex Vinorum, ossia il “vino dei re, re dei vini”: il tokaji, vino ungherese prodotto quasi esclusivamente nella regione Tokaj ha acquisito nei secoli uno status di nobiltà, cosa che può sembrare paradossale se si pensa che all’origine di questo nettare c’è dell’uva ammuffita!

Ma come sempre accade , la natura e il caso a volte riservano delle sorprese. Questo particolare vino nasce, infatti, per caso, quando i popoli del nord-est dell’Ungheria nel XVII, proprio nei mesi della vendemmia, erano impegnati in scontri e guerre e dovettero rinunciare alle attività di raccolta dell’uva per tornarvi solo più tardi nei mesi, cercando di ottenere il massimo da quello che era rimasto nei vigneti.

Molto del successo del tokaji si deve, ovviamente, al terreno particolarmente argilloso e sabbioso di questo territorio, così come al clima caldo-umido tardo autunnale, in cui la nebbia avvolge le uve denominate Furmint, Hàrslevelu e Sàrgamuskotàly. E poi, arriva il fungo parassita Botytis cinerea che attacca gli acini. Di conseguenza la raccolta dell’uva va fatta con precisione e da mani esperte, che ripongono l’uva in recipienti chiamati puttonyos, che contengono circa 25 kg di uva, la quale viene, poi, pressata per diventare la cosiddetta pasta di Aszù, ovvero un concentrato denso e zuccherino. E’ questa pasta che viene aggiunta al mosto di base, ottenuto dagli acini non attaccati dal parassita. Il tutto viene lasciato riposare per alcuni giorni, fino a quando zuccheri e aromi si amalgamano con il mosto.

E qui subentra un’altra particolarità del processo produttivo. Le botti sono, infatti, riposte in cantine scavate nella roccia di origine lavica dove interviene un’altra muffa che ricopre le botti di una patina scura e che attiva un processo di mutamento molecolare e che conferisce un aroma caratteristico.

Infine, una varietà degna di essere citata è il Tokaji Eszencia o Imperiale, che si ottiene attraverso un processo di fermentazione molto lungo, in cui gli acini appassiti e ammuffiti sono messi in una botte dal fondo bucherellato e lasciati pressare da soli, schiacciati dal loro peso. Il liquido, molto zuccheroso, viene messo nelle botti e la fermentazione impiega molto tempo. Questo Tokaji più aromatizzato sembra conservarsi addirittura per 300 anni e gli vengono attribuite delle proprietà afrodisiache e terapeutiche. D’altronde, non è un caso che il Tokaji fino agli anni ’50 venisse venduto anche in farmacia come ricostituente.

E non è un caso che la prelibatezza di questo vino venisse riconosciuta anche dai Russi, che avevano impiegato un contingente apposito per scortare le casse di Tokaji che lasciavano l’Ungheria per raggiungere gli zar russi.

E non dimentichiamoci che oggigiorno è stato il Tokaji ungherese ad avere la meglio sull’omonimo friuliano di fronte alla Corte di Giustizia europea, chiamata a pronunciarsi su quale delle due regioni avesse diritto ad utilizzare il nome per identificare il proprio vino.