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Rapporto ONU, schiavitù in 100 Paesi al mondo

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Un rapporto ONU ha stimato che la schiavitù sia diffusa ancora oggi, anche se in forme diverse dal passato. Sarebbero almeno 100 i Paesi coinvolti. Quando si parla di schiavitù, inevitabilmente il pensiero tende ad andare al passato, secoli fa, quando in molte nazioni del mondo tale pratica era p...

Un rapporto ONU ha stimato che la schiavitù sia diffusa ancora oggi, anche se in forme diverse dal passato. Sarebbero almeno 100 i Paesi coinvolti.

Quando si parla di schiavitù, inevitabilmente il pensiero tende ad andare al passato, secoli fa, quando in molte nazioni del mondo tale pratica era presente e consentita. In realtà, di schiavitù si potrebbe e dovrebbe parlare anche in riferimento al mondo attuale, almeno secondo il rapporto dell’ONU presentato nei giorni scorsi dal segretario generale Antonio Guterres al Consiglio di Sicurezza.

La schiavitù nel mondo attuale, secondo il rapporto ONU

Traffico di esseri umani, coercizioni di varia natura (fra cui la prostituzione forzata), sfruttamento. Sono queste alcune delle forme che la schiavitù assume nel presente e che hanno portato gli analisti delle Nazioni Unite a individuare i Paesi in cui questa si può dire esista ancora. Si tratterebbe, approssimando, di cento nazioni, fra cui, stando al rapporto ONU, la Russia, la Siria (dove la presenza dell’Isis è fondamentale in termini di valutazione), la Corea del Nord, l’Iran, la Thailandia, lo Zimbabwe, il Burundi, lo Yemen, il Kuwait, il Sudan, l’Eritrea, la Libia, la Bielorussia, l’Algeria, il Venezuela, il Belize e la Mauritania.

I tipi di abuso che concorrono a stabilire la moderna definizione di schiavitù sono la prostituzione forzata (compresa quella minorile), la servitù vera e propria, il lavoro forzato, il lavoro minorile, l’impiego di bambini in guerra (il cosiddetto fenomeno – triste e agghiacciante – dei bambini soldato).

Secondo il segretario Guterres, occorrerebbe rafforzare il sistema di cooperazione internazionale partendo dalla lotta al traffico di esseri umani, vero punto cruciale del problema, a parere dell’ONU. E proprio il rappresentante permanente dell’Italia alle Nazioni Unite, Sebastiano Cardi, ha evidenziato l’importanza della risoluzione 2231, risalente al dicembre dello scorso anno e che andrebbe attuata senza indugi. Il richiamo, in questo senso, va alla Convenzione di Palermo, di cui si parlerà a giugno in un vertice a New York e che definisce il reato di traffico di esseri umani e prescrive una serie di azioni per prevenire e combattere il fenomeno dell’immigrazione forzata, con particolare attenzione ai minori e alle donne.