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Recensione film Franny

Recensione film Franny

Franny, un esordio deludente nonostante un istrionico Richard Gere Franny. Già il nome non promette nulla di buono. Assai più calzante il titolo americano THE BENEFACTOR, che richiama fortemente almeno una delle caratteristiche più salienti del protagonista del film, miliardario dalle mille sfac...

Franny, un esordio deludente nonostante un istrionico Richard Gere

Franny. Già il nome non promette nulla di buono. Assai più calzante il titolo americano THE BENEFACTOR, che richiama fortemente almeno una delle caratteristiche più salienti del protagonista del film, miliardario dalle mille sfaccettature, dilaniato dai sensi di colpa e dalla tossicodipendenza. Un Richard Gere mai banale, indubbiamente, ma che qui sembra riproporre una copia sbiadita di “Mr. Jones”, se possibile, ancora più strampalata.
Aldilà della sceneggiatura inesistente e dei dialoghi non proprio memorabili, quello che manca a questa pellicola, che pure avrebbe potuto essere il film rivelazione di queste vacanze natalizie, come si addice a molti progetti indipendenti lontani dallo stile hollywoodiano, è quel pizzico di sale in più che sarebbe valso a rendere interessante una storia personale, le cui luci ed ombre, restano in realtà sempre e solo sullo sfondo.

Avrebbe potuto essere un buon thriller se solo qualche particolare iniziale fosse stato taciuto e qualche altro, invece, solo accennato (come la latente omosessualità del protagonista) fosse stato ulteriormente sviluppato oppure un buon dramma se solo il pathos fosse stato meno controllato e maggiormente scandagliato (perché Franny soffre tanto? Che tipo di rapporto aveva veramente con la coppia vittima dell’incidente che gli ha segnato la vita?).
In definitiva, non è né l’uno e né l’altro e ciò che resta, aldilà dell’ennesima buona prova di Richard Gere, attore maturo e versatile, qui tuttavia non al top delle sue possibilità e alle prese con un ruolo un po’troppo lontano dalle sue corde abituali, è un film mediocre, senza grandi voli, che se pure non annoia lo spettatore, lo lascia comunque con la sensazione che avrebbe potuto utilizzare quell’ora e mezzo in maniera più proficua.

Jole de Castro