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Repressione in Birmania, superati i 700 morti dall'inizio delle proteste

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Sono oltre 700 i morti provocati dalla repressione attualmente in atto in Birmania da parte della giunta militare. Solo nelle ultime ore 80 vittime.

Continua la repressione delle proteste in Birmania da parte delle giunta militare salita al potere lo scorso febbraio con un colpo di stato. Secondo gli attivisti locali infatti, il bilancio delle proteste sarebbe salito fino a raggiungere i 700 morti, con oltre 80 persone che hanno perso la vita nelle ultime ore per mano dell’esercito, che sempre secondo gli attivisti si sarebbe premurato di occultare i corpi per rendere difficile stabilire il numero esatto delle vittime.

Repressione in Birmania, superate le 700 vittime

Nella mattinata di domenica 11 aprile intanto, una guardia di sicurezza è rimasta ferita a seguito di un’esplosione di una bomba di fronte a una banca di proprietà militare a Rangoon, l’ex capitale della Birmania. La banca in questione è una delle decine di aziende birmane attualmente controllate dai militari.

La crisi politica al momento in corso in Birmania è iniziata lo scorso primo febbraio con la destituzione e l’arresto del presidente Win Myint e della consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, con annesso sciogliemento del parlamento e indizione dello stato di emergenza per un anno da parte dell’esercito. Lo stesso esercito che aveva in precedenza contestato i risultati delle elezioni legislative nelle quali aveva prevalso la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi.

Il prossimo vertice Onu

Proprio nel tentativo si risolvere la drammatica situazione birmana il prossimo 20 aprile si terrà – probabilmente a Giacarta – un vertice del sud-est asiatico, come annunciato nel corso di una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu dalla vice ambasciatrice francese, Nathalie Broadhurst. “Attendiamo con impazienza di sentire le conclusioni del vertice di emergenza annunciato per il 20 aprile”.