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Riapertura del caso Orlandi, Il commento dell'avvocato e la speranza del fratello Pietro

Orlandi Emanuela

Emanuela Orlandi, Viene riaperto il caso a quasi quarant'anni dalla scomparsa: le parole del fratello Pietro e del legale Sgrò, tra sorpresa e speranza

Viene riaperto il caso di Emanuela Orlandi, a quasi quarant’anni dalla sua scomparsa. Dopo innumerevoli strade occulte percorse senza successo, il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e la Gendarmeria hanno deciso di riaprire le indagini sulla scomparsa della ragazzina 15enne in quel mercoledì 22 giugno 1983.

La speranza del fratello Pietro

Come è naturale che sia, il fratello di Emanuela è in prima linea tra coloro che sperano di vedere la luce da questa nuova finestra che si apre sul caso della scomparsa della ragazzina: «Ben venga la nuova indagine, forse nata su impulso di papa Francesco. Sono convinto che la verità sia lì, in Vaticano. E confido anche in una piena collaborazione tra Italia e Santa Sede». Parole che mostrano il passaggio da uno stato di rassegnazione a una speranza di giustizia, la stessa che il nome di Emanuela – insieme all’amore incondizionato del fratello Pietro – cerca affannosamente da più di 39 anni.

Il commento del legale di famiglia

È Laura Sgrò il legale della famiglia Orlandi, che al momento segue le vicende riguardo la scomparsa di Emanuela. Commenta così la riapertura del caso: «Siamo contenti dei nuovi accertamenti dell’autorità vaticana. Abbiamo presentato due denunce, la prima nel 2018 e la seconda nel 2019. Non so su quale base abbiano aperto, lo abbiamo appreso dagli organi di stampa». La Sgrò sembra sorpresa, quasi incredula, al punto da concludere la sua dichiarazione esprimendo «curiosità di saperne».

Emanuela Orlandi, parla il magistrato esperto del caso

La perplessità del magistrato esperto: tra i massimi esperti del caso Orlandi e della banda della Magliana, Otello Lupacchini si esprime riguardo la riapertura del caso con un tono decisamente critico: «Indagare alla ricerca della verità può essere sempre utile, può esserlo il fatto che indaghi il Vaticano, ma al tempo stesso bisognerebbe partire dal presupposto che vi siano elementi per ricondurre all’interno del Vaticano i moventi della vicenda». In caso contrario, Lupacchini non si spiegherebbe «l’interesse del Vaticano per le vicissitudini di una propria cittadina, il cui eventuale rapimento e morte conseguente il rapimento si sono verificati in Italia e su cui per anni e anni ha indagato la giustizia italiana con esiti assolutamente incongrui e non conducenti».