> > Riccardo Muti: “Mi sono stancato della vita, preferisco togliermi di mezzo”

Riccardo Muti: “Mi sono stancato della vita, preferisco togliermi di mezzo”

Il maestro Muti

Riccardo Muti: “Mi sono stancato della vita e siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo”

Riccardo Muti non riconosce più il mondo su cui sta camminando e lo dice senza mezzi termini: “Mi sono stancato della vita”. In una lunga intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera il maestro Muti ha voluto mettere a nudo tutte le contraddizioni di un’epoca che non sente più sua, che taglia la cultura e trancia le velleità del bello rigorosamente cercato. Fra un mese Riccardo Muti compirà 80 anni e il momento dei bilanci per lui arriva con il sollievo delle cose con cui ti devi togliere un peso. Quale? Il peso di un’esistenza che a quelli come Muti non dà più bussole, ma solo giornate. 

Muti: “Mi sono stancato della vita, è un mondo che non riconosco”

Fra compiacimento noir e disincanto generazionale perciò, il più grande direttore d’orchestra del pianeta non ha paura a dire che questo leggìo gli va ormai stretto e che questo non è più il suo spartito. Perciò i due colpi di bacchetta adesso sono quelli che preludono Il Crepuscolo degli Dei e la morte di Sigfrido. “Mi sono stancato della vita. Questo è un mondo che non riconosco più. Siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. È come nel Falstaff. Tutto declina”. Ha esordito così, in polpa delle risposte più profonde, il maestro Muti nella sua intervista. 

Riccardo Muti: “Mi sono stancato della vita, al mio funerale solo silenzio”

E Muti è un po’ come Montanelli: lui non teme la morte, forse o al limite teme di morire. E parla dei suoi funerali, un evergreen dei personaggi mainstream che vogliono disegnare un sé anche quando di quel sé arriva il momento di supremo annichilimento: “Ai miei funerali non voglio applausi. Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c’era un silenzio terrificante. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse silenzio assoluto. Se qualcuno applaude, giuro che torno a disturbarlo di notte”. Lo scorso maggio, in occasione delle riaperture su cui un anno fa aveva “duellato” con Giuseppe Conte, Muti è tornato sul palco della Scala di Milano. In quella circostanza in maestro non si era risparmiato nei confronti di Riccardo Chailly, direttore musical del Teatro. 

Muti e le nuove leva: “Io mi sono stancato della vita, loro badano solo al gesto”

E quello fra Muti e la musica è rapporto simbionte al di là dei luoghi comuni, tanto simbionte che Muti mette il suo battage a servizio di un altro evergreen: lo snobismo generazionale: “La direzione d’orchestra è diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri”. E sulle nuove leve? “Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto. Oggi molti direttori d’orchestra usano il podio per gesticolazioni eccessive, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente”. La musica è rigore, studio ed istruzione, quell’istruzione in senso lato di cui Muti parla: “Ho avuto la fortuna di crescere negli anni 50, di frequentare il liceo di Molfetta dove aveva studiato Salvemini, con professori non severi; severissimi”. 

Muti: “Stancato della vita”. L’aneddoto del professore di latino

E ancora: “Ricordo un’interrogazione di latino alle medie. L’insegnante mi chiese: ‘Pluit aqua’; che caso è aqua? Anziché ablativo, risposi: nominativo. Mi afferrò per le orecchie e mi scosse come la corda di una campana. Grazie a quel professore, non ho più sbagliato una citazione in latino”. Poi la chiosa di un grande a cui è concessa la grandezza del benaltrismo temporale: “Oggi lo arresterebbero“.