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Coronavirus, tecnico radiologo di Cremona: "Da gennaio troppe polmoniti atipiche sui giovani"

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Il coronavirus sarebbe in Italia da molto tempo, a gennaio tante polmoniti atipiche sui giovani 

Il coronavirus sarebbe in Italia da molto prima rispetto al primo caso rilevato a Codogno lo scorso febbraio e a segnalarlo ci sarebbero diversi casi di polmoniti atipiche che a gennaio avevano riguardato molti giovani. É questa la testimonianza portata avanti da Carlo Giussani, tecnico radiologo da 35 anni all’ospedale di Cremona, anch’esso risultato positivo al Covid-19. “Non so dire come abbia contratto il Covid 19, ma sono stato tra i primi casi a Cremona e ho pensato di morire”, queste le sue parole rilasciate in un intervista al Tgcom24. “Mi sono ammalato in contemporanea con il paziente 1 di Codogno e in quegli stessi giorni della zona rossa del Basso Lodigiano, Cremona viveva una situazione simile. Io sono un sopravvissuto, ma la realtà è che sembra di svuotare il mare con il cucchiaino”.

A Cremona troppe polmoniti atipiche sui giovani

E poi, nel suo racconto, il ricordo delle molte polmoniti atipiche che a gennaio aveva costretto al ricovero anche tanti ragazzi giovani: “Già a fine gennaio avevamo notato polmoniti atipiche in giovani sottoposti a lastre. Sono 35 anni che lavoro in radiologia e non ricordavamo una tale concentrazione. Era cosa anomala in tempi non sospetti e il nosocomio si è mosso per tempo riorganizzando spazi e forze lavoro”.

Da li poi l’esplosione dei casi a Cremona e il contagio di molti operatori sanitari, tra cui lo stesso Giussani che dice: Come è avvenuto il contagio? Non ho saputo dirlo neanche alla Asl, né mi è stato facile risalire a tutti i miei contatti: in Radiologia siamo un esercito di 60-70 addetti, in più mi sposto per i reparti a fare lastre. Mi sono accorto che avevo sintomi influenzali ed era strano perché avevo fatto il vaccino. Mi hanno sottoposto a tampone perché ero stato a contatto con un paziente oncologico di pneumatologia che era morto con coronavirus. Ma non collego il mio contagio a lui; non ho mai avuto problemi respiratori né soffro di altre patologie. A un certo punto ho pensato che fosse stata la mia compagna ad ammalarsi per prima. Non so davvero, anche perché nel mio reparto comunque ero l’unico positivo in quei giorni e, dopo, l’epidemia non c’è stata perché siamo stati messi subito sotto controllo”.

La speranza del vaccino

L’intervista al tecnico radiologo si chiude con un suo messaggio di speranza affinché si trovi il prima possibile una cura al coronavirus: “Mi auguro che si trovi il vaccino. A questo ora bisogna pensare. Nel mio isolamento personalmente ho potuto riapprezzare quello che della vita avevo; ho ricominciato a leggere libri, ad ascoltare la radio. Non lamentatevi di stare a casa, godetene prima che si ricominci a fare i criceti. Restiamo a casa per salvarci: quello che sta accadendo a Bergamo accade anche a Cremona e può accadere ovunque”.