> > Coronavirus, in attesa del vaccino l'Aifa sperimenta due nuovi farmaci

Coronavirus, in attesa del vaccino l'Aifa sperimenta due nuovi farmaci

coronavirus nuovi farmaci

Il vaccino del coronavirus è molto lontano, per questo l'Aifa nel frattempo testa due nuovi farmaci per la cura.

Il vaccino per il coronavirus sembra essere ancora molto lontano, ma l’Aifa ha comunicato che sta valutando altri due farmaci per la cura del Covid-19. Lo ha dichiarato Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco, durante la sua intervista a Radio Capital in cui ha fatto capire che l’anti-coronavirus Eidd-2801, sperimentato all’Università del North Carolina con primi risultati positivi sui topi, è solo alla prima fase dei test e per questo l’Aifa pensa di “dare la possibilità ai medici di famiglia di prescrivere farmaci anti-Aids” per il trattamento del Covid-19. Magrini ha poi precisato che per altri farmaci di cui si è parlato molto in quest’ultimo periodo, come l’anti-malarico clorochina, siano molto alti i rischi per un utilizzo di massa.

Due nuovi farmaci per la cura del coronavirus

Interessante poi quanto appare sul sito ufficiale dell’Agenzia Italiana del Farmarco, ovvero sia un primo riscontro su un altro studio effettuare su malati Covid-19 per testare l’efficacia della combinazione Lopinavir – Ritonavir.

“Lo studio, che ha coinvolto 199 pazienti non ha evidenziato differenze nel tempo al miglioramento clinico e nella mortalità. Questo risultato, che apparentemente potrebbe risultare a sfavore del trattamento, deve tuttavia essere interpretato alla luce delle seguenti considerazioni. Innanzitutto la popolazione studiata comprendeva pazienti con malattia avanzata (SaO2 < 94%, necessità di ricorrere all’ossigenoterapia a o a tecniche di ventilazione meccanica e che hanno manifestato i sintomi della patologia da più di 12 giorni), mentre i protocolli attualmente in uso presso i principali centri clinici, nonché le più recenti Linee guida SIMIT Lombardia, ne prevedono l’utilizzo in fasi più precoci e in pazienti meno compromessi. Nello studio suddetto, inoltre, la mortalità (esito secondario per la quale lo studio non era stato dimensionato) pur non risultando significativamente diversa rispetto al controllo mostrava un chiaro trend a favore del trattamento. È stata infine osservata anche una tendenza verso la riduzione della permanenza in unità di terapia intensiva a favore dell’associazione”.