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Coronavirus, la vitamina D può aiutare chi ha perso gusto e olfatto

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Secondo diversi studiosi la vitamina D avrebbe un potenziale impatto benefico nei pazienti che hanno perso gusto e olfatto, sintomi tipici del Covid.

Dopo la notizia di qualche giorno fa secondo cui la vitamina D aiuterebbe l’organismo a prevenire il contagio da coronavirus, l’Istituto Superiore di Sanità italiano ha recentemente riportato una lettera scritta da un gruppo di ricercatori internazionali in cui si afferma come la suddetta vitamina potrebbe giocare un ruolo rilevante anche nella cura di uno dei sintomi più tipici del Covid-19: la perdita del gusto e dell’olfatto, noti in ambito medico scientifico come anosmia e ageusia.

Coronavirus, l’efficacia della vitamina D

Nella lettera, pubblicata sull’American Journal of Physiology – Endocrinology and Metabolism e scritta da un gruppo di ricercatori italiani e statunitensi coordinati dal professor Francesco Facchiano, del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Iss, viene specificato come il mantenimento dei livelli plasmatici di vitamina D possa non solo ridurre i rischi di infezioni alle vie respiratorie, ma anche curare la perdita del gusto e dell’olfatto. La lettera è stata scritta in risposta a un’analoga missiva del ricercatore croato Hrvoje Jakovac in cui si interrogava sulle possibili correlazioni da il coronavirus e la vitamina D.

Nell’illustrare il contenuto della lettera, il professor Facchiano ha spiegato come la mancanza di vitamina D sia un tratto comune individuato nei pazienti sofferenti di perdita del gusto e dell’olfatto: “Sulla base di un’ampia meta-analisi pubblicata nel 2017 che riporta una revisione sistematica di studi randomizzati controllati confermiamo ciò che ha proposto il collega croato, ossia il potenziale impatto benefico dell’integrazione di vitamina D contro le infezioni acute delle vie respiratorie. Inoltre, sottolineiamo che l’anosmia e l’ageusia, sintomi osservati nei pazienti affetti da COVID-19, sono state rilevate anche in soggetti con deficit di vitamina D”.

Facchiano ha poi aggiunto come esistano altre condizioni patologiche in cui pazienti con sintomatologia simile a quella del Covid-19 presentino bassi livelli di vitamina D: “In letteratura è poi riportato che i pazienti affetti dalla sindrome di Kallmann, una rara forma congenita di ipogonadismo ipogonadotropico, presentano spesso diverse caratteristiche comuni ai pazienti affetti da COVID-19 come: ipo- o anosmia, maggiore frequenza della malattia nei soggetti di sesso maschile, nonché bassi livelli di vitamina D.

La lettera precisa tuttavia come al momento siano necessarie ulteriori evidenza scientifiche per avvalorare la tesi della vitamina D: “Attualmente sono in corso numerosi trial clinici, ad esempio negli USA, che mirano a testare l’integrazione di VitD nei pazienti con COVID-19 in combinazione con altri farmaci e a confrontare l’effetto di dosi elevate rispetto alle dosi standard. I risultati di questi studi saranno fondamentali per verificare l’utilità di un’integrazione di VitD per i pazienti COVID-19″.