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Coronavirus: obesità in aumento dopo la pandemia secondo uno studio

Coronavirus, obesità in aumento dopo la pandemia

Obesità in aumento dopo il Coronavirus. Una ricerca italiana svela questa possibilità e suggerisce una campagna per evitarlo.

Secondo alcuni ricercatori l’obesità sarà in aumento dopo la pandemia Coronavirus. A svelarlo una ricerca italiana pubblicata sulla rivista accademica European Journal of Clinical Nutrition, condotta da un team dell’Università Modena e Reggio Emilia.

Obesità in aumento dopo il Coronavirus

“I cardiologi si preparino ad affrontare il probabile aumento dell’obesità che seguirà alla pandemia”, spiegano i ricercatori, “Bisognerà intraprendere un’obbligatoria azione globale a sostegno di una dieta sana e di un’attività fisica per incoraggiare le persone a tornare a corretti stili di vita”. Il gruppo ha revisionato gli studi sull’impatto psicologico della quarantena, riportando che gli italiani presentano sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia.

“A causa dell’ansia della paura di carenza di cibo, durante una pandemia le persone tendono ad acquistare maggiormente alimenti confezionati e di lunga durata”, spiega Anna Vittoria Mattioli, “piuttosto che alimenti freschi. Ciò porta a un aumento di peso e a una riduzione dell’assunzione di antiossidanti”. Inoltre, queste emozioni negative hanno portato molti italiani a mangiare alimenti di bassa qualità e maggiore apporto calorico: “Un’associazione provata da diversi studi scientifici”, conclude la ricercatrice.

Abitudini sbagliate cronicizzate

Secondo la ricerca, nonostante l’enorme disponibilità di video di allenamento casalingo, in pochi hanno colto l’occasione per fare esercizio fisico. Anche se gli esperti sottolineano: “Eseguire continuamente un esercizio fisico senza la supervisione di un esperto può causare gravi lesioni a lungo termine”.

La loro preoccupazione è che queste abitudini scorrette si cronicizzino, diventando veri e propri cambiamenti nello stile di vita, persistendo dopo la pandemia. “Si può ipotizzare un aumento del rischio cardiovascolare, principalmente nelle categorie socio-economiche basse”, concludono i ricercatori.