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Le Foche: "Nuova ondata di coronavirus in autunno? Improbabile"

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"Nuova ondata di coronavirus autunno? Non accadrà", le parole dell'immunologo clinico Le Foche.

Per il professor Francesco Le Foche, immunologo clinico, responsabile del Day hospital di Immuno infettivologia del Policlinico Umberto I di Roma, una nuova ondata di coronavirus in autunno è qualcosa di molto improbabile. È cosi che Le Foche risponde in un’intervista al quotidiano Libero alle dichiarazioni dell’Oms che hanno fatto molto discutere in quanto paragonavano il coronavirus alla spagnola che nel 1918 tornò dopo la pausa estiva e uccise 50mila persone. “Non vedo correlazioni con la Spagnola – ha detto Le Foche – È molto improbabile che a settembre arrivi una nuova ondata. Peraltro non ci sono basi scientifiche per affermare una cosa del genere. Piuttosto, tra novembre e dicembre, con l’arrivo del freddo, mi aspetto una sovrapposizione con la classica sindrome influenzale, che in quel periodo si presenta sempre. E’ normale che oggi ci siano piccoli focolai in giro per l’Europa: la gente ha ricominciato a viaggiare per lavoro e ci si sposta per le vacanze. L’importante è tenere monitorato il territorio e non abbassare la guardia”.

Le foche sulla nuova ondata di coronavirus

“Le terapie intensive continuano a svuotarsi – continua Le Foche – È questo che conta. Qualche positivo in più non fa la differenza, anche perché i casi gravi ormai sono rarissimi”. Poi aggiunge: “Ora però abbiamo tutte le possibilità di spegnere sul nascere le reinfezioni, non siamo più impreparati. Le condizioni sono diverse rispetto allo scorso inverno, quando abbiamo dato la possibilità alla malattia di circolare liberamente per due-tre mesi. Dobbiamo tornare alla normalità, anche se con attenzione”. In seguito Le Foche ribadisce come ora sia importante non commettere errori e lavorare bene non solo negli ospedali, ma su tutto il territorio per prevenire il più possibile: “Bisogna individuare tempestivamente i luoghi fragili, quelli più degradati della società. Siamo passati dalla fase pandemica a quella endemica: l’incendio è stato spento, ma la brace è ancora calda. L’epidemia si combatte sul territorio, non negli ospedali, dove i pazienti non dovrebbero nemmeno arrivare. E vanno effettuati tamponi mirati: in questo momento non ha più senso testare ampie fasce di popolazione”.

“Qual è oggi la categoria più esposta? I giovani-adulti: molti sono contagiosi, ma asintomatici. Hanno un buon sistema immunitario che gli permette di non stare male, così rischiano di portare a casa la malattia contratta in ufficio o in fabbrica. Però ce ne sono anche tanti che pur avendola contratta non sono in grado di trasmetterla, perché la carica virale è molto bassa. La malattia è cambiata: il virus è meno aggressivo sulla cellula. La sindrome è diversa”, ha concluso Le Foche