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Covid, uno studio spiega le alte concentrazioni del virus nell’aria degli ospedali

Personale sanitario contagi

Uno nuovo studio individua come possibile causa di contagio tra il personale medico le alte concentrazioni di Covid presenti nell’aria degli ospedali.

Sono migliaia gli operatori sanitari che hanno perso la vita nel corso della pandemia causata dal coronavirus. Solo in Italia, sono stati registri 60 decessi tra gli infermieri e, secondo i dati rilasciati dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), 269 decessi tra il personale medico. L’uso di specifici e appositi dispositivi medici come visiere, mascherine professionali FFP2 o FFP3 e altri strumenti, infatti, non ha protetto questa categoria professionale che continua a configurarsi come la più esposta al virus. Per questo motivo, sarà proprio il personale sanitario a beneficiare delle dosi di vaccino che saranno distribuite durante la prima fase di campagna vaccinale, in tutto il mondo.

Il considerevole numero di contagi tra il personale sanitario, tuttavia, è stato oggetto di analisi e riflessioni da parte della comunità scientifica internazionale. A questo proposito, uno studio recentemente diffuso sembra aver individuato nelle alte concentrazioni del virus presenti nell’aria dei corridoi e dei bagni degli ospedali la principale causa di contagio tra medici e infermieri.

Lo studio pubblicato su ‘JAMA Network Open’

La ricerca che, per prima, ha fornito una spiegazione circa il considerevole numero di contagi tra il personale sanitario all’interno degli ospedali è stata effettuata da un’equipe di ricercatori di diverse nazionalità. L’equipe è stata guidata dagli scienziati dell’Imperial College di Londra e del Centro Ospedaliero-Universitario di Nantes, in collaborazione con gli esperti dell’INSERM dell’Università di Sorbona, a Parigi, e dell’Unità di controllo delle infezioni dell’Ospedale Bichat – Claude Bernard e altre strutture ospedaliere transalpine. Tutti i gruppi di ricerca sono stati coordinati dal docente di Farmacia, specializzato in Malattie Infettive, Gabriel Birgand.

Le conclusioni dello studio, attualmente pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Network Open, sono scaturite in seguito all’analisi di migliaia di parametri accuratamente raccolti e catalogati in un database battezzato MEDLINE, Emase e Web of Science, provenienti da campioni prelevati da numerosi nosocomi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 27 ottobre 2020.

Covid, alte concentrazione nell’aria degli ospedali

Il materiale prelevato negli ospedali è stato raccolto in ambienti diversi: sale da pranzo, spogliatoi, aree per la pausa, ingressi principali, stanze dei pazienti – incluse le stanze destinate alla terapia intensiva –, bagni, ecc.

In totale, i campioni esaminati dai ricercatori sono stati 893 e nel 17,4% dei casi sono stati riscontrate alte percentuali diRNA virale appartenente al Sars-Cov-2. Solo nel 9% dei campioni, tuttavia, le particelle individuate presentavano una spiccata carica infettiva. Nella maggior parte dei casi, le particelle pronte a contribuire nella diffusione del contagio da coronavirus sono state riscontrate in materiali raccolti nei corridoi – circa il 56,33% – o nei bagni – circa il 25,2% – mentre le aree destinate alle terapie intensive sono risultate le più esposte alla contaminazione se confrontate con i dati relativi alle stanze adibite al ricovero tradizionale.

Sulla base di quanto emerso, il 33% delle zone pubbliche era caratterizzato dalla presenza del virus mentre sono state riscontrate percentuali di contaminazione pari al 19,2% nelle sale riunioni, pari al 12% nelle aree dedicate al personale e pari al 3,9% negli spogliatoi.

L’analisi condotta a livello internazionale, pertanto, è stata commentata dal team di esperti nei seguenti termini: «In questa revisione sistematica, l’aria distante e nei pressi dei pazienti con COVID-19 è risultata frequentemente contaminata dall’RNA del SARS-CoV-2. Tuttavia, pochi di questi campioni contenevano virus vitali. Le alte cariche virali riscontrate nei bagni, nei servizi igienici, nelle aree del personale e nei corridoi pubblici suggeriscono che queste aree dovrebbero essere attentamente considerate».

Le aree degli ospedali più esposte al contagio

Infine, i luoghi più pericolosi nei quali, secondo Birgand e gli altri scienziati coinvolti nello studio, si è più esposti al virus sono i servizi igienici: nelle feci, infatti, è stata registrata un’elevata carica virale. Per questo motivo, tirando lo sciacquone, si produce la diffusione di aerosol carichi di particelle virali che restano sospese nell’aria, soprattutto in bagni di piccole dimensioni e soggetti a una ridotta areazione.

Altre aree particolarmente pericolose sono rappresentate dalle sale riunioni e, soprattutto, dalle sale pranzo nelle quali si è soliti abbassare la mascherina per nutrirsi. Una simile azione aumenta esponenzialmente il rischio di trasmissioneincrociata tra i membri del personale sanitario impiegato presso li ospedali.