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Tassa sulle merendine, Evelina Flachi: "La chiave è l'educazione"

tassa sulle merendine

Intervista di Notizie.it a Evelina Flachi, nutrizionista e presidente della Fondazione Italiana per l'Educazione Alimentare.

Lorenzo Fioramonti non aveva ancora firmato il giuramento al Quirinale quando ha avanzato una proposta che ha diviso tanto gli elettori quanto la maggioranza di governo. L’ipotesi di una tassa sulle merendine, sulle bibite gassate e sui voli aerei è stata accolta con favore da diversi medici ed esperti del settore alimentare. In un’intervista rilasciata a Notizie.it, Evelina Flachi – Nutrizionista e Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare e volto noto al pubblico di Rai1 (per 18 anni con una rubrica alla Prova del Cuoco e ora, ogni venerdì, a Uno Mattina) ha risposto alle nostre domande sulla situazione attuale in ambito alimentare.

Tassa sulle merendine: la proposta

La proposta di introdurre una tassa sulle merendine e sulle bibite gassate è stata avanzata dal neo ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, nel corso di un’intervista rilasciata il 1 settembre. L’obiettivo è far fronte al problema dell’inquinamento e di un “sistema di alimentazione sbagliato” finanziando, al tempo stesso, “la scuola e gli stili di vita sani”.

All’apertura del premier Giuseppe Conte, che a margine di Atreju 2019 ha definito la proposta “praticabile“, si è opposto il fermo no di Luigi Di Maio. I sostenitori della tassa sulle merendine citano i casi dei Paesi che hanno già introdotto imposte simili, dalla Finlandia alla Francia. Protestano consumatori e rappresentanti della piccola e media impresa, che temono un calo delle vendite e annunciano la possibile perdita di 10 mila posti di lavoro.

Intervista a Evelina Flachi

In Inghilterra è stata introdotta un’imposta sulle bevande alcoliche per disincentivarne l’uso. Ritiene efficace l’introduzione in Italia di una tassa sulle merendine e sulle bevande gassate, considerando anche le linee guida dell’OMS?

Sono d’accordo sul fatto che l’approccio ideale sia quello educativo, per permettere al consumatore (adulti e ragazzi) di compiere scelte alimentari più consapevoli a tavola e nella giornata per evitare squilibri nutrizionali. È importante non demonizzare i cibi in modo specifico e assoluto ma, in generale, promuovere scelte più varie nella qualità e moderate nella quantità delle porzioni, anche se è chiaro che la merendina può essere assunta troppo spesso perché più comoda. La tassazione proposta potrebbe essere praticabile, secondo me, se con questa si possono anche realizzare programmi di educazione alimentare e sani stili di vita.

Nel 2018 è stata pubblicata una ricerca sviluppata per il MIUR dalla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (L’educazione alimentare nella scuola Italiana- Foodedu@School Rapporto di ricerca 2018 scaricabile dal sito del MIUR) per contribuire alla crescita dell’informazione sull’educazione alimentare nella scuola italiana, a favore del MIUR, dello stesso sistema scolastico e di tutti gli operatori coinvolti in questa tematica, fondamentale per il benessere e la salute dei nostri giovani e delle loro famiglie. Bisogna fare formazione non solo ai ragazzi ma anche ai formatori e alle famiglie. L’eventuale tassazione non dovrebbe escludere la continuità nell’educazione sull’argomento.

L’educazione alimentare

In cosa consiste il progetto educativo del Miur?

La scuola, in realtà, affronta il tema già da molti anni, come emerge anche dal rapporto di ricerca del MIUR. La materia dell’educazione civica, che verrà probabilmente inserita nel piano degli studi scolastici forse per il prossimo anno, comprende anche l’educazione alimentare . In Italia sono stati fatti molti passi avanti anche sulla sostenibilità ambientale e contro lo spreco. Inoltre da anni diversi Ministeri sollecitano l’industria a ridurre la quantità di grassi saturi, zuccheri semplici e sale nei prodotti confezionati con dei buoni risultati.

Secondo la sua esperienza, quanto è diffuso in Italia il consumo di merendine e bibite gassate, tra adulti e bambini?

È possibile che negli anni i consumi siano diminuiti perché abbiamo fatto un intenso lavoro di informazione sulla necessità di variare le scelte alimentari e di diminuire i consumi anche di zuccheri “nascosti”. D’altra parte, i prodotti in commercio oggi presentano un maggior controllo degli ingredienti, delle porzioni e chiarezza nell’etichetta. L’offerta è ampia, ma non può essere generalizzata, nel bene e nel male. Ecco perché è importante puntare sulla maggior cultura e conseguente consapevolezza nelle scelte alimentari per non creare nel tempo non solo eccessi ma anche carenze nutrizionali. Oltre a questo, è importante promuovere l’attività fisica o meglio in generale l’attività motoria che possono fare tutti quotidianamente.

Ritiene utile un intervento governativo anche per incentivare l’attività sportiva?

I provvedimenti, se vengono percepiti come imposizione, quindi come qualcosa di punitivo o negativo, spesso non riescono a raggiungere gli obiettivi desiderati . La proposta di abbinare un’alimentazione equilibrata nei nutrienti, varia nelle scelte e moderata nelle porzioni a un’adeguata attività motoria, potrebbe essere impostata in positivo come stile di vita consigliato per raggiungere e mantenere un maggior benessere nel tempo a tutte le età e secondo le proprie possibilità.

Il confronto con gli altri Paesi

Diversi Paesi del mondo hanno applicato leggi simili, con risultati contrastanti. In Ungheria si è registrato un calo medio del 20% dei consumi di bevande zuccherate, mentre in Danimarca la legge è stata ritirata perché impopolare. In Messico i livelli di consumi, dopo una flessione iniziale, hanno superato quelli pre-tassazione. Che scenario prevede per l’Italia, nel caso in cui la proposta del ministro Fioramonti venisse accolta?

Credo che dall’esperienza degli altri si debba trarre un qualche insegnamento. Uno dei motivi per cui, probabilmente, certi programmi di tassazione sono falliti è che forse non c’è stato il giusto investimento per la formazione dei formatori e per l’informazione alle famiglie sui sani stili di vita. È come se dicessi a un mio paziente di non mangiare certi cibi senza spiegarne il motivo. Devo rispettare le esigenze del consumatore e dare informazioni che giustifichino i consigli dati.

In altri Paesi, come gli Stati Uniti, molte catene di ristorazione riportano informazioni sul contenuto calorico degli alimenti. Può essere una buona iniziativa anche per l’Italia?

Sicuramente è un buon sistema per facilitare l’informazione su questo tema. Nel 2010 a Milano l’Assessorato alla Salute assieme alla Camera di commercio aveva dato vita a un progetto di questo genere, proponendo i Menù di lunga vita ai ristoranti che avevano aderito per requisiti e altro a questo progetto. Era un menù alternativo proposto al cliente dove venivano descritte le proprietà nutrizionali degli ingredienti delle ricette e la quota calorica del piatto. Forse era troppo presto! Certe iniziative andrebbero riproposte oggi perché esiste una maggior sensibilità verso questi temi rispetto al passato anche grazie ai media.