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Reati su Whatsapp: le azioni che possono essere passibili di denuncia

Reati su Whatsapp

Dal revenge porn all'istigazione a delinquere: sono diversi i reati che si possono configurare in caso di uso scorretto di Whatsapp.

É una delle app più scaricate e utilizzate del mondo, con milioni di persone che ne usufruiscono per comunicare in modo semplice e veloce. Mandare contenuti su Whatsapp necessita però di molta attenzione, perché un cattivo uso potrebbe comportare la commissione di alcuni reati. Nonostante i gestori assicurino che i messaggi siano protetti da una crittografia end-to-end, ovvero leggibili e ascoltabili solo dai membri della conversazione e non da terzi, cattivi comportamenti potrebbero comunque essere denunciabili.

Reati su Whatsapp

Fabiola Silvestri, Dirigente del Compartimento della Polizia Postale e Comunicazioni di Piemonte e Valle d’Aosta ha evidenziato come, soprattutto tra gli utenti più giovani, ci sia un utilizzo talvolta improprio delle chat. Ha spiegato che si sono verificati casi di gruppi creati per diffondere materiale pedo-pornografico, ovvero media a sfondo sessuale con protagonisti dei minori. In questo caso la normativa che disciplina il reato è l’art. 600 quater c.p. che contempla l’arresto facoltativo in caso di possesso di ingente materiale del genere.

Ci sono poi altre azioni passibili di denuncia come:

  • La condivisione di clip pornografiche all’insaputa del proprietario. Si tratta spesso di revenge porn, ovvero dell’invio di immagini o video di nudo per vendetta. Una legge emanata nel 2019 (la L.69) l’ha definito un reato e per questo penalmente rilevante. Non è invece illegale e non comporta commissione di reato la sola detenzione di materiale pornografico riferibile ad adulti.
  • Le molestie. Qualora le ricevesse, la vittima può formulare querela per il reato di cui all’art. 660 c.p. Al responsabile può essere comminata una pena dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda fino a 516€. Per casi più grave potrebbe essere aggiunto il reato di atti persecutori disciplinato all’art. 612 bis c.p.
  • La creazione di account a nome di qualcun altro. Si tratta in questo caso di una vera e propria sostituzione di persona, regolata dall’art. 414 c.p. che in alcuni casi può configurarsi come cyber-bullismo o cyber-stalking.
  • La condivisione di messaggi di odio. Consiste nell’invio di materiale discriminatorio, razzista o antisemita. Il reato che si configura è quello di istigazione a delinquere di cui all’art. 414 c.p. Se fatto per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa il riferimento è all’art. 604 bis c.p.
  • La condivisione di fake news. Pur sottovalutato rispetto agli altri, questo comportamento può integrare il reato di diffamazione qualora venisse lesa la reputazione di terzi. In casi più gravi la notizia falsa potrebbe anche incidere sulla sicurezza pubblica, per cui si parlerebbe di reati come il procurato allarme presso l’autorità o la pubblicazione notizie false atte a turbare l’ordine pubblico.