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Quando una persona è davvero morta? Studio rivela le tempistiche

persona morta

Uno studio chiarisce una delle più complesse questioni bioetiche, ovvero sulle tempistiche entro cui persona può essere dichiarata morta.

Una delle questioni bioetiche più complesse della storia riguarda il momento in cui una persona può essere dichiarata morta. Essa si ricollega a temi molto importanti, come l’espiantazione degli organi. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del CHEO Research Institute di Ottawa, a tal proposito, ha tentato di fare chiarezza sul problema.

Lo studio

Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista NEJM, ha rivelato che segni di attività cardiaca sono stati riscontrati per un breve lasso di tempo anche in pazienti di cui era stata dichiarata la morte. In particolare ciò è avvenuto nel 14% dei casi analizzati (1.999 pazienti tra il 2014 e il 2018 in terapia intensiva). Il periodo più breve intercorso tra la cessazione del battito e la ripresa dell’attività cardiaca è stato di 64 secondi, mentre il più lungo è stato di 4 minuti e 20 secondi.

L’attività cardiaca, tuttavia, è durata soltanto pochi istanti e il paziente non ha mai dato segni di vita né tantomeno ripreso conoscenza. “I medici e le famiglie devono essere messi al corrente di cosa accade nel 14% delle volte, ma deve anche essere messo in chiaro che questo non implica che la persona torni in vita“, precisa il dott. Dhanani.

La donazione degli organi

I risultati sono utili a comprendere i tempi che bisogna attendere per procedere all’espianto degli organi. In Europa, in genere, è pari a cinque minuti. Lo studio, d’altra parte, conferma che questo lasso di tempo è sufficiente. Un’importante prova del fatto che andrebbero contrastate le dicerie relative a persone che “tornano in vita” dopo essere state dichiarate morte, che contribuiscono a incrementare la diffidenza dei familiari dei pazienti in riferimento alla donazione degli organi.