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I peggiori incendi del 2019: devastazione dalla Siberia all'Amazzonia

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Il 2019 verrà ricordato come un anno particolarmente nefasto dal punto di vista ambientale: ecco i peggiori incendi di questi ultimi 12 mesi.

Il 2019 che sta per chiudersi sarà forse purtroppo tristemente ricordato anche per i numerosi incendi che hanno devastato il pianeta su ogni continente. Secondo il Copernicus Atmosphere Monitoring Service tra il primo gennaio e il 30 novembre di quest’anno i roghi divampati ai quattro angoli del globo hanno contribuito a rilasciare nell’atmosfera terrestre circa 6.735 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Un dato che contribuisce in maniera preoccupante agli effetti del riscaldamento climatico e che consente ai ricercatori del Cams di definire il 2019 “anno di fuoco”.

I peggiori incendi del 2019

Le analisi del Cams sono state effettuate tramite rilevazioni quotidiane di tutti gli incendi attivi nel mondo, utilizzando il Global Fire Assimilation System per stimare la percentuale di emissioni di CO2. Secondo i ricercatori del Cams gli episodi avvenuti durante l’anno ancora in corso comportano importanti ripercussioni sulla biosfera: “Gli incendi possono essere responsabili di un inquinamento atmosferico maggiore delle emissioni industriali e produrre una combinazione di particelle, monossido di carbonio e altri inquinanti, che possono essere pericolosi per la salute di tutta la vita sul Pianeta”.

Stando a quanto riportato dal Senior Scientist Mark Parrington, tra le eccezionalità del 2019 vi è anche la notevole intensità di alcuni incendi registrati in specifiche parti del mondo, seppur all’interno di un contesto sostanzialmente nella media rispetto alle annate precedenti. Il riferimento di Parrington va ovviamente ai roghi che hanno colpito l’Amazzonia e la Siberia durante l’estate, con questi ultimi che hanno provocato il rilascio di 182 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in un periodo in cui è insolito vedere così tanti incendi nelle foreste boreali del circolo polare artico.

Gli incendi in Amazzonia

Parlando invece degli incendi nella foresta amazzonica, gli scienziati del Cams riportano la loro preoccupazione non tanto sulle emissioni di CO2 quanto sull’aumento della deforestazione nella zona: “Pur essendo la più alta emissione stimata per agosto di tutti gli Stati brasiliani che compongono la cosiddetta ‘Amazzonia legale’ (25 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ndr), è ancora relativamente coerente con i valori totali di agosto precedenti per l’intero Brasile da quando le stime Gfas hanno avuto inizio nel 2003. Una delle principali preoccupazioni degli incendi di questa portata nella regione è l’impatto sul ciclo del carbonio a causa della perdita della foresta pluviale e di un cambiamento nella vegetazione”.

Indonesia e Australia

Andando invece nell’emisfero australe, dove la stagione calda arriva quando da noi siamo in autunno/inverno, risultano senza dubbio degni di nota gli incendi che hanno colpito l’Indonesia fino allo scorso novembre e che hanno rilasciato 708 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera. I roghi indonesiani hanno purtroppo causato inoltre grosse perdite nella fauna locale e nelle foreste naturali mettendo a serio rischio la vita degli abitanti.

Una situazione non dissimile dagli incendi boschivi australiani, che hanno avuto inizio nel mese di settembre per poi concludersi nel mese di dicembre e che in alcuni casi hanno frantumato record regionali che duravano da ben 16 anni.

Il resto del mondo

Al di la dei fenomeni eccezionali avvenuti in Amazzonia, Siberia, Indonesia e Australia, numerosi altri incendi si sono propagati anche in Messico, Colombia Venezuela e Siria. Proprio in Siria i roghi divampati tra la primavera e l’estate hanno distrutto vaste aree coltivate danneggiando seriamente la sicurezza alimentare degli abitanti già duramente provati dai postumi della guerra civile.