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Sicurezza delle cure, l’importanza di informare e ascoltare il paziente

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(Adnkronos) - La giornata mondiale per la sicurezza del paziente, che si celebra ogni anno il 17 settembre, quest’anno è stata dedicata al tema della Medication without harm, promuovere la sicurezza delle terapie farmacologiche attraverso iniziative di sensibilizzazione sul rischio asso...

(Adnkronos) – La giornata mondiale per la sicurezza del paziente, che si celebra ogni anno il 17 settembre, quest’anno è stata dedicata al tema della Medication without harm, promuovere la sicurezza delle terapie farmacologiche attraverso iniziative di sensibilizzazione sul rischio associato ad un uso non corretto e appropriato dei farmaci. Nell’evoluzione delle cure, con terapie diventate anche molto complesse, è infatti importante che il paziente/caregiver sia non solo informato, ma anche ascoltato, poiché aspetti collegati all’assunzione della terapia, come effetti avversi minori, possono compromettere la continuità delle cure. È quanto riporta un articolo pubblicato su Alleati per la Salute (), il portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis.

Vivendo con la patologia, “i pazienti sanno come la malattia agisce sull’organismo, così come conoscono il farmaco” e le sue interazioni con l’organismo, osserva Paola Kruger, paziente esperto Eupati (The European patients' academy).

“Uno degli errori principali – aggiunge – è credere che un farmaco eccellente dal punto di vista clinico sia sempre gradito dal paziente: c’è un aspetto di qualità della vita”, che può essere compromessa per esempio da un effetto collaterale definito lieve, “che spesso viene tralasciato”. Ridurre gli eventi avversi del farmaco significa “aumentare l’aderenza e la soddisfazione del farmaco da parte del paziente”. Per esempio – puntualizza Kruger – si tralasciano gli eventi avversi minori, di cui ci si occupa di meno perché l’interesse è per le reazioni avverse maggiori e i problemi seri che possono causare. Un paziente che assume quotidianamente un farmaco potrebbe non seguire la terapia in modo corretto semplicemente per eventi avversi considerati minori e poco rilevanti, come un leggero mal di testa, ma che “a lungo andare possono avere impatto sulla qualità della vita”. Gli eventi avversi – ricorda Kruger – sono estremamente importanti, tutti, non solo quelli maggiori.

Nel momento in cui si propone una cura farmacologica, abbiamo pazienti “che risponderanno, altri non risponderanno, alcuni svilupperanno tossicità altri no”, spiega Andrea Botticelli, dirigente medico dell’Oncologia Medica A, Policlinico Umberto I – Università La Sapienza di Roma. “Quello che spesso dimentichiamo è che tra i nostri pazienti e i farmaci che somministriamo, esiste il metabolismo. Questo – continua Botticelli – è unico, cambia da paziente e paziente, come efficacia e tossicità, ma esiste anche un’interazione farmacologica”. Una risorsa importante viene dalla medicina di precisione, cioè “personalizzata con trattamenti” fatti “in base alle caratteristiche dei pazienti – età, sesso, comorbidità, condizioni sociali, presenza di caregiver – ai farmaci che usiamo – assorbimento ed eliminazioni – al profilo del tumore e, un domani, per esempio, sul microbioma di cui si parla spesso”.

Si deve inoltre considerare che molte persone – ad esempio l’anziano, ma anche il paziente oncologico – assumono più farmaci. Questo non è un aspetto da poco. Gli anziani, in particolare gli over 80, “nel 40% dei casi assumono più di 5 farmaci (politerapia). Questo è rilevante, specie se “ospedalizzati con 8-10 farmaci”, dice Botticelli. È importante ricordare che “i farmaci sono metabolizzati da alcuni enzimi epatici. Alcuni farmaci – sottolinea l’oncologo – li attivano, altri li inibiscono con un impatto nei farmaci usati, aumentandone o diminuendone l’effetto” e possono, parallelamente, “aumentarne la tossicità. Questo è vero sia per i farmaci che per tutti i prodotti cosiddetti naturali, acquistati in erboristerie. Si deve considerare – aggiunge – che la maggior parte dei chemioterapici derivano dalle piante e non sono scevri da effetti collaterali oltre che farmacologici. Solamente conoscendo i farmaci che il paziente assume, oltre alla terapia, si può fare una riconciliazione terapeutica”, cioè una rivalutazione e personalizzazione delle cure, “utile ed efficace”.

Per intercettare interazioni farmacologiche, oggi ci sono vari strumenti informatici (tool). “Si inseriscono i parametri fisiologici (creatinina, funzionalità epatica) del paziente e i farmaci assunti – spiega Botticelli – e l’output è una luce, come quella del semaforo: verde, non ci sono interazioni; arancio è un alert e il rosso ci blocca. Il sistema dà anche lo score (un punteggio) sul grado di interazione. Non credo – precisa – che la sfida sia tanto capire quanto siano gravi le interazioni, ma come gestirle”. Quando si presentano interazioni, continua l’oncologo, “serve una riconciliazione terapeutica che necessita di un board multidisciplinare: oncologo, cardiologo, pneumologo, gastroenterologo… questa è la medicina moderna: il paziente non è al centro della medicina, ma parte del percorso terapeutico”.

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