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Siria, Amnesty denuncia: la prigione di Saydnaya è un mattatoio

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Arriva la denuncia di Amnesty International: in Siria, nella prigione di Saydnaya, sarebbero stati impiccati 13mila oppositori del regime di Assad. Nonostante i passi in avanti fatti sul piano del controllo del territorio, la Siria continua ad essere un Paese molto lontano dalla pacificazione. I to...

Arriva la denuncia di Amnesty International: in Siria, nella prigione di Saydnaya, sarebbero stati impiccati 13mila oppositori del regime di Assad.

Nonostante i passi in avanti fatti sul piano del controllo del territorio, la Siria continua ad essere un Paese molto lontano dalla pacificazione. I toni del conflitto si sono senz’altro abbassati. La presa di Aleppo Est da parte delle milizie filo governative ha messo fine ad una situazione che rischiava di trasformarsi in uno dei più grandi disastri umanitari della storia moderna.

Tuttavia, come osservato da diverse parti, il prezzo da pagare per fermare le atrocità è considerato troppo alto. In particolare, buona parte della comunità internazionale continua a considerare l’ex (e, con ogni probabilità, anche futuro) presidente Bashar al Assad come il responsabile di violazioni dei diritti umani e atrocità imperdonabili.

La prigione mattatoio di Saydnaya in Siria

Secondo Amnesty International, nella prigione di Saydnaya, a nord di Damasco, negli ultimi cinque anni circa sarebbero stati giustiziati mediante impiccagione almeno 13 mila detenuti. Si tratterebbe di oppositori del regime di Assad, per i quali la condanna a morte sarebbe scattata per il reato di tradimento.

Il report di Amnesty International è stato pubblicato pochi giorni fa. Si basa sulle informazioni raccolte nel corso di interviste a una ottantina di persone fra ex detenuti del carcere di Saydnaya e funzionari statali. Fra le altre cose, sarebbe emerso che la prigione era chiamata “il mattatoio” e che, ogni settimana, vi venivano giustiziati gruppi composti da un numero di persone variabile fra 20 e 50.

Le accuse di avere portato a termine esecuzioni di massa inseguono l’ex presidente Bashar al Assad da tempo e, da questi, sono sempre state respinte. Ora, però, le prove raccolte da Amnesty International sembrano essere davvero molto concrete. Lo scopo delle impiccagioni, secondo il vice direttore settore ricerca nell’ufficio regionale di Amnesty a Beirut, Lynn Maalouf, era quello di “stroncare ogni forma di dissenso”. Amnesty non è peraltro nuova quanto a diffusione di informazioni di questo genere in relazione alla Siria. Lo scorso anno, ad esempio, si era parlato, in un altro report, di circa 15 mila prigionieri morti a seguito di torture e maltrattamenti.