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Sparatoria nel carcere di Frosinone, nessun drone: confessa un agente

Un interno del carcere di Frosinone

Sparatoria nel carcere di Frosinone, nessun drone, un agente confessa di aver introdotto lui l'arma ed un cellulare perché la sua famiglia era minacciata

Sparatoria nel carcere di Frosinone del 19 settembre scorso, nessun drone per portare l’arma usata oltre le mura dell’istituto di detenzione ciociaro, un agente della Polizia Penitenziaria avrebbe confessato di aver introdotto lui l’arma perché ricattato dal sodalizio del destinatario della stessa. 

Sparatoria in carcere, sull’arma usata a Frosinone confessa un agente

In quelle circostanze un detenuto era entrato in possesso di una pistola ed aveva fatto fuoco contro alcuni detenuti aggressori che a suo dire lo avevano vessato. E quel detenuto, il 29enne Alessio Peluso, era riuscito a sparare ben cinque colpi all’indirizzo delle celle dei suoi “nemici”, per fortuna senza uccidere o ferire nessuno ma sollevando un caso la cui eco era giunta fino ai vertici del Dap e della Giustizia

La “vendetta” di Peluso contro gli altri detenuti e la sparatoria in carcere: confessa un agente

All’epoca gli inquirenti ritennero che a sparare fosse stata un’arma fatta arrivare nella disponibilità di Peluso con un drone assieme ad uno smartphone, ma le cose sarebbero andare diversamente e il cielo c’entrerebbe poco con quell’episodio. Pare che un agente di polizia abbia fatto chiarezza su quell’evento eccezionale. Avrebbe spiegato il poliziotto sulle pagine di Repubblica:  “Avevano sequestrato mia moglie e i miei figli. Li tenevano con una pistola puntata alla testa. Sono stato costretto a farlo. Ho portato io nella sezione alta sicurezza del carcere quell’arma”. 

Confessa un agente con la famiglia sequestrata e minacciata dai sodali dell’autore della sparatoria in carcere

Quindi e secondo questa nuova versione tutta da verificare l’arma sarebbe entrata in carcere a Frosinone perché un agente era sotto ricatto di un detenuto che gli avrebbe mandato suoi sodali a minacciare a mano armata la famiglia. Molti media avevano indicato in Peluso, che è di origini casertane, un esponente della camorra, ma non esistono affatto elementi certi che provino la sua effettiva affiliazione ed il suo credito all’interno di un sodalizio malavitoso organizzato. 

L’ombra incerta della camorra sulla sparatoria in carcere: confessa un agente

Certo, questa nuova lettura dell’accaduto presuppone una capacità criminale elevata e collegiale, tanto più che dall’arma era stata abrasa la matricola per rendere irriconoscibile la sua provenienza. Il poliziotto è ora attenzionato a sommarie informazioni testimoniali dai colleghi della Polizia di Stato che operano al seguito della Procura. Procura che starebbe indagando anche su presunti quanto ipotetici regolamenti di conti tra clan dietro alle sbarre della sezione di massima sicurezza.