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33 anni di calcio criminale

La polizia in assetto antisommossa placa i tafferugli

L'aggressione da parte dei tifosi del River Plate al bus dei giocatori del Boca Juniors è l'ultimo di molti atti di violenza nel mondo del calcio.

Il calcio per come lo conosciamo, il dipinto di un’era, il sogno di molti, l’incubo di tanti. Dai cancelli degli stadi risuona l’eco di gioia, grida, esultanze ma anche di violenza e pericolo. Quasi come se bastasse la fede calcistica a giustificare l’accecante sete di guerriglia: la stessa che ha fatto notizia al Monumental di Buenos Aires. Perchè il triste epilogo della partita tra Boca Juniors e River Plate, racconta la lapidazione da parte di alcuni tifosi del Millonarios ai danni del pullman che trasportava i giocatori xeneize. La riflessione principale allora si concentra sulla salute del mondo del futbol, proprio quando gli occhi di mezzo mondo si sono rivolti verso quel clasico de barrio, cresciuto negli anni, capitolato a partida del siglo nella finale di Copa Libertadores. Il derby tra le due squadre non ha paragoni: la passione, la religiosità e l’odio che accompagnano il Superclasico lo fanno sembrare più una guerra che una semplice partita di calcio.

Cugini argentini dal sangue genovese, radici oltre Atlantico quelle di Boca e River accomunate dalle famiglie di una piccola comunità genovese che nel primo 1900 fondò le due squadre in uno dei quartieri più poveri di Buenos Aires, La Boca, dando vita così alla storica rivalità. Proprio Genova è stata la protagonista di un’altra triste pagina di calcio malato. Correva il 22 aprile 2012 e allo stadio Marassi andava in scena Genoa-Siena. La partita verrà ricordata come una delle pagine più nere della storia della Serie A, ma nonostante questo è stata più volte sottovalutata nella memoria storica della generosa. I tifosi rossoblù, col punteggio di 4 a 0 per il Siena intorno al 60’, decisero di fermare la partita e di pretendere che i giocatori consegnassero le proprie divise agli ultras, poiché non degni di indossarle. Dopo circa 45 minuti e un colloquio con Beppe Sculli, attaccante genoano, i tifosi furono convinti ad abbandonare la protesta e a lasciare che l’incontro terminasse.

Sculli a colloquio con i tifosi

Calcio tra clan e hooligans

Chi comanda allora il calcio italiano? Ci troviamo di fronte al bivio, due strade diverse da intraprendere: percorsi che molti club hanno solcato senza poi poter tornare indietro. La possibilità di decidere, di controvertire le sorti di una squadra, di un calciatore, della vita stessa di altri tifosi non dovrebbe essere nelle mani degli ultrà. Dalle inchieste sulla ndrangheta infiltrata all’Allianz Stadium fino all’episodio in cui il Marassi fu teatro di una scena che ricorda questi elementi.Il protagonista fu Ivan Bogdanov, detto anche “Ivan il Terribile”. L’ultras serbo fu il principale responsabile del rinvio di Italia-Serbia del 2010, quando una pioggia di petardi e fumogeni costrinse gli arbitri a sospendere e rinviare la partita. In seguito, i tifosi serbi scatenarono la loro ira anche fuori dallo stadio, dove iniziò una vera e propria guerriglia contro la Polizia.

Ivan Bogdanov

Tolleranza zero

La violenza negli stadi ha portato con sé innumerevoli vittime e tragedie. Una delle più famose è sicuramente quella della finale di Champions League dell’Heysel tra Juventus e Liverpool. Molti hooligans inglesi decisero di scavalcare le recinzioni per invadere il settore bianconero: la confusione dei tifosi in fuga e l’arrivo dei poliziotti per placare gli inglesi provocò un enorme ammassamento che costò la vita a 39 persone, di cui 32 italiani.

strage heysel

Quella degli hooligans è una piaga che ha colpito l’Inghilterra tra gli anni ’60 e ’80 causando più di centinaia di morti. Nonostante ciò, l’esperienza inglese rimane un esempio positivo. Infatti, con l’intervento di Margaret Thatcher, attraverso seri e rigidi provvedimenti, come l’esclusione dalle coppe internazionali delle squadre inglesi, l’Inghilterra riuscì a debellare la piaga. Dopo anni di battaglie la Premier League si è trasformata nella competizione più affascinante al mondo. Sintomo che ovunque, con le giuste idee, si può e si deve cambiare il sistema.