> > Perché quelli di Neymar e CR7 sono due casi da gestire delicatamente

Perché quelli di Neymar e CR7 sono due casi da gestire delicatamente

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Per i protagonisti in causa, in attesa che i casi si sviluppino, forse il silenzio sembra essere la scelta migliore.

C’è un mare di differenza tra il caso del brasiliano, che si sviluppa tra tristi confessioni social e televisive, e il silenzio sulla vicenda del campione portoghese: entrambi mettono però alla prova il senso di responsabilità dei media. Il video pubblicato da Neymar su Instagram ha cambiato, forse definitivamente, le regole del gioco. Anche se, ovviamente, di gioco non si tratta. I pochi minuti di confessione social dai contenuti bollenti diffusi dal brasiliano pochi giorni fa per difendersi dalle accuse di stupro di Najila Trindade hanno mostrato chiaramente quanto possa essere sottile quella linea immaginaria che divide impressioni e realtà, fatti e speculazioni, certezza e polverone mediatico.

Tra casi di stupro e gogna mediatica

Si potranno discutere i modi, certamente innovativi ancor prima che giusti o sbagliati (e anche qua decideranno i giudici), ma di fatto la scelta del brasiliano di rendere pubbliche le conversazioni avute con la modella apre un’interessante finestra sul tema portante di questa vicenda e di altre ad essa simili.
Perché l’unica certezza è che in questo caso, come in quello di Cristiano Ronaldo, esiste una parte lesa, ancora sconosciuta ma definita da un rapporto che è andato oltre, in una direzione o in quella opposta. In sostanza: è il calciatore che, sicuro della propria posizione, pensa di potersi permettere ciò che non può senza conseguenze oppure, viceversa, è il tentativo di qualcuno di approfittare della cassa di risonanza rappresentata da personaggi così famosi?

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Verità, immagini, supposizioni

La risposta dipende proprio dalla linea sottile a cui si accenna sopra, un confine terribilmente sbiadito per chi osserva da fuori, come ha dimostrato proprio Neymar. La chat con Najila Trindade, che si mostrava desiderosa di incontrare il giocatore, è risultata una prova tutt’altro che schiacciante, spostando in realtà il confronto a base di reciproche accuse su un altro campo molto delicato: quello dei media. Pochi giorni dopo il video su Instagram, infatti, la modella ha ribadito alla tv brasiliana SBT le accuse di stupro, in una versione molto più chiara di quella contrastante che aveva creato dubbi persino nei legali della presunta vittima. Quasi contemporaneamente, spuntava un video girato di nascosto dalla donna nel quale Neymar viene colpito da Trindade, che afferma ad alta voce di agire in questo modo in seguito all’aggressione subita il giorno prima.

Ancora una volta, le immagini servono a poco e conducono anzi alla stessa domanda: realtà o montatura? In una situazione del genere, i media devono tenere a mente il potere presente nelle proprie mani, che può facilmente portare a un uso strumentalizzato, e accettare almeno per il momento l’incertezza, riportando fedelmente i fatti senza interpretarli ed evitando di esporsi con ricostruzioni fantasiose di una situazione che presenta ancora troppe ombre.

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Non va mai dimenticato che, all’interno della cornice mediatica, c’è infatti una vicenda umana che si basa su un atto riprovevole, sia esso lo stupro o la falsa accusa, che da osservatore neutro e che ignora quanto accaduto vanno obbligatoriamente messi sullo stesso piano.

Un esempio in negativo del potere dei media è stato offerto proprio dall’ultimo capitolo della vicenda Cristiano Ronaldo, che riferiva inizialmente del ritiro dell’accusa di stupro da parte di Katheryn Mayorga. In realtà, tale accusa è stata semplicemente trasferita dagli avvocati dal tribunale statale a quello federale al fine di poter consegnare l’avviso di querela più facilmente a CR7.
La versione di Mayorga, diffusa ormai lo scorso anno, incolpa Ronaldo di avere prima violentato la donna, cercando poi di comprare il suo silenzio in cambio di 375 mila dollari.

A differenza della vicenda Neymar, il caso che coinvolge il giocatore portoghese non si è finora basato su scambi di prove amatoriali e multimediali servite a ben poco, se non a sollevare un polverone che rende ancora più delicata la gestione delle circostanze e impedisce di comprendere appieno la situazione, rimessa ormai in discussione a intervalli di pochi giorni da nuove confessioni.

Per i protagonisti in causa, in attesa che i casi si sviluppano, forse il silenzio sembra essere la scelta migliore. Chi vi rinuncia, deve essere consapevole della pericolosa reazione a catena che si può innescare e che, alla fine dell’intera vicenda, rischia di danneggiare tanto la vittima quanto il colpevole, in un teatrino che poco ha a che fare con la serietà delle accuse.

Ai media resta il fondamentale compito di trattare questi argomenti con il distacco e la delicatezza che si richiedono, aiutando passo dopo passo, con un lavoro preciso e responsabile, a rendere più netta quella linea che separa realtà e tristi speculazioni.