> > Kobe Bryant accusato di stupro: il cestista non fu mai condannato

Kobe Bryant accusato di stupro: il cestista non fu mai condannato

Kobe Bryant stupro

Felicia Sonmez, giornalista del Washington Post, su Twitter ha ricordato le accuse di stupro che avevano coinvolto Kobe Bryant nel 2003

A poche ore dalla morte di Kobe Bryant una giornalista del Washington Post ha ricordato le accuse di stupro che lo avrebbero coinvolto nel lontano 2003. In quell’anno, infatti, il cestista fu indagato (ma mai condannato) per violenza sessuale. Le parole di Felicia Sonmez hanno alimentato una serie di proteste. Lei stessa, infatti, è stata presa di mira, ricevendo insulti, minacce di morte e stupro. La cronista è stata costretta a trasferirsi in un hotel, abbandonando la sua casa. Il suo indirizzo privato, infatti, era stato diffuso online.

Anche Evan Rachel Wood, attrice famosa per la precedente love story con Marilyn Manson e per aver partecipato alla serie Westworld, ha pubblicato accuse contro il cestista. “Ho il cuore spezzato per la famiglia di Kobe. Era un eroe dello sport. Era anche uno stupratore. Ed entrambe queste verità possono esistere simultaneamente”. Molte le polemiche emerse dopo il suo post.

Kobe Bryant, le accuse di stupro

Le accuse a carico di Kobe Bryant risalgono all’estate del 2003. All’epoca il campione dei Los Angeles Lakers aveva solo 25 anni. Si trovava in Colorado, dove lo avrebbero poi operato al ginocchio. Fa il check in un hotel-spa vicino alla clinica. Si fa accompagnare da una concierge alla sua camera. I due iniziano a baciarsi e, stando a quanto ha sempre dichiarato Bryant, il loro rapporto è stato consensuale. La donna, invece, ha denunciato il giocatore alla polizia, dichiarandosi vittima di stupro. La donna mostrò persino un livido al collo.

Il campione della pallacanestro, inizialmente, aveva negato l’accaduto, poiché già sposato e con una figlia. Eppure, davanti alle prove fornite alla polizia (tra cui segni e sperma di lui all’interno della vagina, ma anche sangue di lei sulla maglietta di Kobe), lui dovette ritrattare le sue posizioni. In conclusione, ha confermato che fra loro c’è stato sesso, ma ha ribadito che è stato un rapporto consenziente.

I suoi avvocati diffondono il nome della concierge, sottolineandone l’inattendibilità come accusatrice e facendo emergere alcuni suoi trascorsi sessuali e psichiatrici. La donna smetterà quindi di collaborare con gli investigatori e smetterà di testimoniare. “Forse perché realizzò di aver sbagliato ad accusare Bryant. Forse perché era solo una 19enne terrorizzata, che non poteva reggere l’ostilità dei media e la controffensiva di un uomo ricco e famoso”, scrive il Guardian a distanza di più di 15 anni. Il caso penale contro Kobe Bryant è stato così archiviato. La donna, invece, porta avanti una causa civile e raggiungerà un accordo con Kobe. Sconosciuti i termini, ma c’è chi parla di 2,5 milioni di dollari.

Le parole del campione

In seguito all’archiviazione, il cestista rilascerà un lungo comunicato. Nel documento, Kobe ribadisce che per lui il rapporto è stato consensuale, ma adesso riconosce che “per la donna non lo era”. La moglie ha deciso di rimanere al suo fianco e non divorziare. Difficile, invece, recuperare il rapporto con gli sponsor.

Da quel momento Kobe diventerà famoso come a Black Mamba, come il serpente più letale dell’Africa reso famoso dal film Kill Bill. Per lui ha inizio una nuova vita e lascia alle spalle l’incidente, del quale non si parlerà più.

Le accuse improprie della giornalista

Il Washington Post ha imposto a Felicia Sonmez un congedo amministrativo. In questo modo sarà possibile verificare se il messaggio, in seguito eliminato, abbia violato o meno le direttive ai giornalisti sull’uso dei social media. “I tweet di Sonmez mostrano un errore di giudizio che ha minato il lavoro dei suoi colleghi”: è questo il motivo del provvedimento preso a suo carico.

“Alle 10mila persone che hanno commentato e scritto email con insulti e minacce di morte: prendetevi un minuto e leggete il pezzo, scritto oltre tre anni fa e non da me. Ogni figura pubblica andrebbe ricordata nella sua totalità, anche quando è amata da tutti”. Così la giornalista americana ha risposto agli attacchi.

Il sindacato che rappresenta i mille dipendenti del gruppo del Washington Post la difende e ha chiesto che venga immediatamente reintegrata. La Sonmez è stata definita “una collega valorosa”. Per il sindacato, “è stata censurata per aver riportato quello che è un dato di fatto”.