> > Le leggende come Maradona non muoiono mai. Gli uomini come Diego rinascono

Le leggende come Maradona non muoiono mai. Gli uomini come Diego rinascono

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Le leggende non muoiono mai, ma solo in poesia. Gli uomini invece rinascono nella prosa di un quotidiano dove tutti affrontiamo il dribbling più difficile: quello alle storture della vita.

Accade quasi sempre quando muoiono i miti, e accade praticamente sempre quando a morire sono i miti-miti. Quelli cioè in predicato di semidivinità che hanno dato una forte carica identitaria al loro percorso di vita, oltre che ai fasti con cui hanno fatto la Storia. Perciò con Diego Armando Maradona non poteva non succedere. Soprattutto con lui, che pare aver tracciato un solco nettissimo fra la grandezza assoluta di quello che ha fatto con un pallone fra i piedi e quello a cui ha ceduto con le sue debolezze sempre fra i piedi, ma in maniera metaforica.

Maradona divisorio ci è nato, non lo è diventato nel passaggio dal barrio all’Olimpo, e le reazioni social di queste ore alla mazzata immensa della sua scomparsa sono diventate cartina tornasole di un modo forse troppo manicheo di intendere il suo ‘adios’ alla vita. Perché da un lato il Maradona Genio Assoluto, l’icona di due popoli e totem di un certo ‘adelantismo’ smuove le emozioni di mezzo mondo. Dall’altro invece il suo esser stato uomo cedevole alle lusinghe delle carnalità baccante ha messo in moto l’acredine postuma dall’altra metà.

E invece non è così, non lo è per un motivo semplice ma che pare sia sfuggito ai più: Maradona stava tornando a riprendersi quell’umanità basica da cui per anni era andato in deroga. E aveva il diritto di usarla per scalzare una cosa intoccabile perfino come la sua bravura assoluta a giocare a pallone. Oggi noi siamo tutti troppo intortati a celebrare il mito che si è fatto leggenda andando a dribblare il Padreterno in cielo per accorgerci che in terra ci poteva rimanere un uomo rinato. Un uomo sempre vittima benevola di un carattere fumantino, di quel meraviglioso grip ‘indio’ che gli faceva schifare ogni ipocrisia, tuttavia uomo ormai pieno della pacata sensatezza che solo l’incedere dell’anagrafe concede in maniera forte.

E persi in questa agiografia bella ma egoistica, in cui il calcio è il solo baricentro e metro di misura della cifra di quanto ci mancherà, abbiamo scordato che Diego era un uomo. E soprattutto che la sua umanità trapelava anche quando tutti credevano che nel campo fosse dio, ma che fuori fosse un concentrato di deprecabilità. Quanti ricordano quella sua attitudine, sconosciuta ai ‘campioni’ di oggi ed ai suoi colleghi di ieri, a lavare i panni sporchi in pubblico? Maradona parlava dei suoi problemi con la droga come una massaia parlerebbe del prezzo dei broccoli. Non accennava ipocrisie, ai microfoni diceva tutto, e quando ricadeva ne riparlava. Aveva guai col fisco? Non si nascondeva, né la buttava in caciara, ma per mezzo di Angelo Pisani, il suo avvocato-amico storico, andava a mordere i polpacci di una battaglia magari sbagliata ma franca.

Ecco, quello che proprio non volevamo, e che sentiamo ci mancherà, non è solo il frame – e cento altri – con cui Dieguito mandò all’Anonima alcolisti mezza squadra dell’Inghilterra nel quarto di finale a Mexico ‘86. Non solo quello almeno; no, quello che ci mancherà è il tempo di cui Diego è stato defraudato per smettere i panni del mito ed indossare i panni dell’uomo che stava diventando. E dell’uomo che in fondo era sempre stato. Perché le leggende non muoiono mai, ma solo in poesia. Gli uomini invece rinascono nella prosa di un quotidiano dove tutti, ogni giorno, affrontiamo il dribbling più difficile: quello alle storture della vita. E lì il sinistro magico di Diego aveva appena iniziato a saltare le difficoltà come birilli.