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Stupri di Rimini, parla la madre dei due minorenni arrestati: 'Non li perdono'

In manette

Nell’ambito degli stupri avvenuti a Rimini nella notte tra il 25 e il 26 agosto ai danni di una ragazza polacca e di una trans peruviana, parlano i genitori di due minorenni del branco.

Le dichiarazioni

La scena del crimine

Ora che sono tutti in carcere i quattro accusati dello stupro di una ragazza polacca 26enne della quale hanno anche picchiato il fidanzato, suo coetaneo, nonchè dello stupro di una transessuale peruviana nella notte tra il 25 e il 26 agosto a Rimini, parla la madre dei primi due minorenni del branco, un 15enne e un 16enne di origine marocchina ma nati in Italia, che si sono costituiti sabato 2 settembre ai carabinieri di Montecchio di Pesaro, sapendo di essere braccati dalla polizia.

“Non li perdono – ha detto la donna al Corriere della Sera . Se avessi davanti quella donna polacca che è stata violentata, le direi con tutto il cuore che mi dispiace”. Poi ha dichiarato: “Sono arrabbiata, molto arrabbiata: con loro due, senz’altro, ma soprattutto – ha tenuto a precisare – con il loro amico maggiorenne”, un congolese di 20 anni, Guerlin Butungu, che è stato arrestato ieri, mentre tentava di fuggire in Francia. “Sono sicura che è stato lui a trascinarli – ha continuato la donna -.

Guerlin Butungu

I miei ragazzi – li ha chiamati ancora così – avevano paura di quello lì, raccontava di aver ucciso delle persone in Africa. Loro due all’inizio hanno provato a nascondere tutto, poi sono crollati, piangevano e mio marito li ha costretti ad andare dai carabinieri”. Ora entrambi si trovano nel carcere minorile del Pratello di Bologna insieme ad un altro complice, un 17enne nigeriano, con l’accusa di aver compiuto “turpi, brutali e ripetuti atti di violenza”: così ha motivato il fermo nei loro confronti la procuratrice del tribunale dei minori di Bologna, Silvia Mazzocchi. I due fratelli hanno ammesso le percosse alla donna polacca e al suo fidanzato, ma non la violenza sessuale. Guerlin Butungu, invece, ha negato ogni addebito e gli inquirenti hanno riferito che non ha manifestato alcun segno di pentimento.

Le dichiarazioni del padre dei due fratelli

Il padre parla

Sul quotidiano La Repubblica è stato intervistato il padre del 15enne e del 16enne, Mohamed. Anch’egli accusa il maggiorenne della banda, dicendo che ha fatto bere i suoi figli prima di stuprare la donna polacca e la trans a Rimini, ma a differenza della moglie, sembra più indulgente con i due adolescenti: ha raccontato che il giovane congolese comprava loro “i telefoni rubati. Hanno fatto il giro di molti locali, quella sera. Loro non hanno fatto niente. Non hanno violentato. Avranno rubato – l’accusa è anche questa –, ma niente altro (sic!). Anzi, il più grande mi ha raccontato che ha cercato di fermare la violenza, ma l’altro ha continuato”. Oltretutto ha riferito che il figlio minore è disabile all’80%, “ha dei problemi”. Ha anche ammesso di avere a sua volta dei precedenti penali: “Ho rubato, ma per mangiare. Ho fatto delle risse, sono stato in carcere. Per loro ho fatto tutto quello che potevo. Poi sono tornato in Marocco e ho perso un po’ il controllo dei figli”. Poi ha aggiunto: “Può succedere che uno rubi un cellulare, non che violenti una donna. Se succedesse a mia moglie, o a mia figlia, una cosa del genere, cercherei il responsabile e lo ammazzerei”. E ha concluso: “Voglio che tutti sappiano che ci dispiace molto per le vittime. I miei figli sono pentiti, me l’hanno detto, e io gli credo. Credo in loro, anche se hanno sbagliato. Se sarà così, dovranno pagare il giusto”. Intanto emerge che anche alcune amiche avevano paura dei due ragazzi: definiscono il più giovane, K., “uno psicopatico” che “parlava solo di uccidere e violentare”: aveva pure minacciato di far bere e poi stuprare una ragazza della compagnia, che era ovviamente spaventata. Ma dopo quella maledetta notte tra il 25 e il 26 agosto, i due fratelli non avevano più dato segni di vita agli amici e le giovani si sono insospettite.