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Thailandia, occhi dei ragazzi "feriti" dalla luce dopo buio

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Dopo quindici giorni passati in una grotta oscura, gli occhi dei superstiti devono abituarsi gradualmente alla luce naturale.

L’operazione di recupero dei dodici ragazzi, di età compresa tra i 12 e i 16 anni, e del loro allenatore, 25, è conclusa. I tredici giovani, intrappolati nella grotta Tham Luang per due settimane, sono stati condotti fuori dalla profonda cava e sono stati ricoverati in ospedale per i dovuti accertamenti. Le loro condizioni, riferiscono le autorità thailandesi, sono piuttosto buone; i giovani sono comunque provati dai quindici giorni passati nella grotta, essendosi dovuti adeguare a una situazione oggettivamente estrema. Inoltre, le varie fasi di salvataggio non sono state senza difficoltà, perché svolte in condizioni non agevoli. Fortunatamente i ragazzi sono salvi. “Non siamo sicuri se questo sia un miracolo, o la scienza o qualcos’altro”, hanno scritto i Navy Seal thailandesi sulla loro pagina Facebook. Nonostante il generale ottimismo che circonda lo stato di salute psico-fisico dei ragazzi, non sono da sottovalutare le conseguenze della disavventura che hanno vissuto. Le cose più semplici, che siamo abituati a dare per scontate, possono essere ostiche dopo aver passato quindici giorni in un ambiente difficile. I tredici ragazzi, ad esempio, hanno passato due settimane in un antro all’oscurità; il primo impatto con la luce ‘naturale’ può creare disturbi alla vista, anche se non di grave entità.

Occhi ‘feriti’ dalla luce

Se adattarsi alle condizioni dell’interno della grotta è stato difficoltoso, è altrettanto complesso ricominciare a vivere la quotidianità. I disagi possono partire dalle cose più semplici, come sopportare la luce del giorno dopo aver passato due settimane completamente all’oscurità, eccetto per i momenti in cui una parte della cava era illuminata dalle torce dei soccorritori. Il primo impatto con l’esterno crea una visione confusa, anche se non causa danni irreparabili. Un primo passo per riabituare gli occhi alla luce naturale è quello di indossare occhiali con lenti scure, come è stato previsto per i giovani. E’ sempre opportuno, in questi casi, che l’esposizione avvenga in modo graduale e i ragazzi “dovranno essere adattati progressivamente alla luminosità, passando dall’ombra alla penombra e, quindi, alla luce”. Lo ha riferito all’Adnkronos Mario Stirpe, presidente Irccs ‘Fondazione G.B. Bietti’ di Roma per la ricerca in oftalmologia. “La sensibilità visiva è data dalla mediazione dell’epitelio pigmentato della retina, che viene stimolato dalla luce- spiega Stirpe, sempre all’Adnkronos– Un soggiorno prolungato al buio causa un arresto del metabolismo dell’epitelio pigmentato: così, all’uscire dalla grotta, i ragazzi saranno come abbagliati, ‘feriti’ dalla luce. Un disagio momentaneo, che potrà essere superato in 2/3 giorni”.

Ragazzi salvati, le loro condizioni

Jesada Chokedamrongsuk, vice direttore del Ministero della Salute, ha dichiarato che i ragazzi “sono senza paura, mentalmente presenti, in grado di nutrirsi da soli e parlare normalmente”, riferendosi in modo particolare agli otto liberati domenica e lunedì. “I bambini sono calciatori- continua Chokedamrongsuk, quindi hanno un sistema immunitario forte”. Tuttavia, nel timore che si sia indebolito a causa della permanenza nella grotta, i ragazzi rimarranno in quarantena in ospedale per un’altra settimana, riporta la Cnn. Si vuole escludere il rischio di infezione da istoplasmosi; la malattia viene contratta dall’uomo tramite l’inalazione delle spore dei funghi, specialmente in un luogo che presenta escrementi di uccelli o di pipistrelli. L’infezione è localizzata di solito a livello polmonare, ma può diffondersi ad altri organi in caso di problemi al sistema immunitario. Un altro importante fattore per aiutare i ragazzi a ristabilirsi è sottoporli a un’adeguata terapia psicologica che deve essere tempestiva, così da poter evitare che compaia il disturbo da stress post-traumatico. Claudio Mencacci- Società italiana di psichiatria- ha spiegato all’Ansa che l’essere una squadra, quindi un gruppo piuttosto affiatato, con un adulto di riferimento (l’allenatore) e presente nei momenti più difficili, è stato d’aiuto.