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Thailandia: idrovore si sono rotte dopo l'ultimo salvataggio

Thailandia idrovore

Il salvataggio dei 13 intrappolati a Tham Luang è stato un miracolo. Le pompe per aspirare l'acqua si sono rotte dopo l'uscita dell'allenatore.

Per più di due settimane l’intera Thailandia ha pregato affinché i 13 intrappolati nelle grotte di Tham Luang fossero tratti in salvo. Le operazioni si sono concluse con successo nella giornata di martedì 10 luglio. Tutti i 12 bambini e l’allenatore stanno bene, e non solo per la grande professionalità dei soccorritori già considerati come “eroi” (tanto che Hollywood sta pensando di realizzare un film su di loro). Il salvataggio è stato infatti un vero e proprio miracolo, visto che le pompe utilizzate per drenare l’acqua dalla caverna hanno smesso di funzionare dopo l’ultimo salvataggio.

Idrovore si rompono

Che la riuscita delle operazioni di soccorso per tirare fuori i 12 “cinghialotti” e il loro allenatore rimasti intrappolati nelle grotte di Tham Luang sia stato un miracolo lo prova anche quanto successo dopo l’ultimo salvataggio. Per più di due settimane l’intera Thailandia ha infatti pregato incessantemente per la vita dei 13 intrappolati. E le loro preghiere sono state ascoltate ed esaudite. Tutti i bambini infatti stanno bene e in salute (solo un paio di loro hanno un principio di polmonite, che però non preoccupa i medici). E questo non solamente grazie alla professionalità dei soccorritori.

Al termine delle operazioni gli stessi sommozzatori hanno rivelato infatti che si è sfiorato un vero e proprio disastro. Poche ore dopo l’uscita del 25enne allenatore, l’ultimo ad abbandonare la grotta, le idrovore si sono rotte. I sommozzatori hanno infatti raccontato al Guardian che quando le pompe utilizzate per drenare l’acqua dalla caverna hanno smesso di funzionare c’erano ancora un centinaio di tecnici all’interno della grotta intenti a ripulire le attrezzature. L’acqua a quel punto ha cominciato a salire velocemente, con il rischio che altre persone rimanessero intrappolate a circa 1,5 chilometri dall’ingresso della caverna, nell’aerea ribattezzata “camera tre”.

Gli operai hanno cominciato ad urlare e ad arrampicarsi per evitare di essere sommersi dall’acqua. In una corsa disperata contro il tempo, mentre il livello dell’acqua “aumentava notevolmente” come sottolineato da uno dei sommozzatori che ha assistito alla scena, uno dopo l’altro tutti i tecnici sono per fortuna riusciti a mettersi in salvo. Da considerare che il viaggio dalla camera tre all’ingresso della grotta richiede poco meno di un’ora solo se le idrovore sono in funzione. All’inizio delle operazioni, infatti, per percorrere questo tratto ci volevano dalle quattro alle cinque ore.

Le operazioni di soccorso

“È incredibile quello che un essere umano è in grado di compiere. I soccorritori sono tutte persone straordinarie che hanno fatto cose straordinarie”, ha commentato difatti il comandante Glen McEwen, della polizia federale australiana, nel corso di un briefing. Durante il tragitto verso l’uscita della grotta, i ragazzi erano in grado di respirare grazie a delle bombole di ossigeno da sub sorrette però da un sommozzatore.

Per quasi tutto il viaggio i “cinghialotti” dovevano immergersi e nuotare, ma appena raggiunte zone all’asciutto venivano trasportati su delle barelle rosso fuoco. Ogni ragazzo è uscito dalla caverna sopra una di queste barelle, indossando ancora la maschera respiratoria.

Ad attendere il passaggio dei giovani tanti soccorritori, che rimanevano fermi e in piedi anche otto ore al giorno su una minuscola porzione di terreno bagnato e fangoso. “Se una sola di queste persone non avesse fatto il proprio lavoro correttamente, la barella sarebbe caduta.- commenta infatti McEwen – sono stati dei veri eroi”.