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Thailandia: i ragazzi intrappolati provano le maschere

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I 12 ragazzi intrappolati nella grotta hanno iniziato a prepararsi all'immersione per fuggire. Le previsioni annunciano però nuove piogge.

Sono iniziate le prove di immersione per i 13 ragazzi intrappolati nella grotta di Tham Luang, in Thailandia. Nessuno di loro sa nuotare, per questo la squadra di soccorso sta facendo fare loro pratica con le maschere. Il recupero avrà inizio non appena i ragazzi saranno in grado di affrontare in sicurezza l’immersione, i cui tempi non sono ancora stati definiti. Per il momento, i soccorritori voglio aspettare che il livello dell’acqua nella grotta scenda, ma nuove piogge potrebbero rendere inutili le intense operazioni di drenaggio dalle gallerie.

Inizio del training di nuoto

“Nessuno di questi ragazzi sa nuotare, dovremo partire da zero”. Butch Hendrick, il presidente di Lifeguard Systems negli Stati Uniti, è ben consapevole di quale sia l’ideale piano di addestramento per i 12 giovani giocatori rimasti intrappolati a Tham Luang. Come riportato nell’intervista rilasciata all’Indipendent, i soccorritori dovranno insegnare loro tutto ciò che occorre sapere per effettuare le immersioni in piena sicurezza: “Dovremo abituarli a stare in acqua. Dobbiamo insegnare loro come usare una maschera integrale; hanno bisogno di sapere come estrarre l’acqua che potrebbe entrare nella maschera, la stessa cosa che insegniamo alle persone di tutto il mondo“.

L’addestramento è iniziato una volta ricevuto il via libera degli esperti, interpellati per valutare quale fosse la soluzione più sicura e veloce per tirare i ragazzi fuori dalla grotta. Ad annunciare l’inizio del training è stato lo stesso governatore tailandese, Narongsak Osatanakorn.

I ragazzi stanno bene

Nella notte del 3 luglio i Navy Seals tailandesi hanno diffuso il video che mostra i 13 ragazzi intrappolati nella grotta: davanti alla videocamera loro sorridono, ringraziando i soccorritori del loro impegno e aiuto per cercare di tirarli fuori. I giovani calciatori, di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, appaiono smunti e stanchi, ma si concedono di scherzare e ridere con la squadra di sub della Marina, che li ha trovati lunedì 2 luglio. I ragazzi sono avvolti nelle coperte termiche, riparati sulla sponda fangosa dove hanno trovato rifugio dagli allagamenti dei larghi tratti della grotta.

I problemi del recupero

L’immersione è di certo la soluzione migliore, ma anche la più pericolosa. Ai microfoni della Bbc, Anmar Mirza, coordinatore della US Cave Rescue Commission, non nasconde le sue perplessità in merito alle difficoltà intorno alle operazioni di immersione, per salvare i ragazzi: nuotare in quei cunicoli potrebbe essere molto difficile, i giovani calciatori potrebbero farsi prendere dal panico e mettere a rischio la loro vita e quella dei compagni, nonché quella dei soccorritori stessi. Inoltre – ha aggiunto Hendrick – le acque in cui si immergeranno saranno probabilmente inquinate: “Per 10 giorni ci sono state 13 persone che hanno defecato in quella zona. Non sappiamo cosa sia entrato nella caverna in termini di contaminazione e inquinamento, ma sappiamo che hanno inquinato la zona mentre erano lì”. La risposta adeguata a questo problema sarebbe di fornire ai ragazzi delle tute specifiche, che li preservino anche dal rischio di ipotermia, viste le basse temperature delle acque che scorrono nella grotta.

Per quanto riguarda le operazioni di drenaggio, i soccorritori si trovano a fronteggiare una serie di variabili da non sottovalutare: oltre alle pessime condizioni meteorologiche, che potrebbero vanificare il pompaggio dell’acqua, gli esperti dovrebbero condurre uno studio approfondito della caverna, per conoscere i punti precisi dove scavare ed evitare di far crollare la roccia. Quest’ultima poi risulta essere molto spessa, al punto che servirebbero delle pesanti attrezzature per scalfirla e praticare dei fori. Purtroppo non sono presenti strade accessibili per il trasporto di tale strumentazione.

Parlando di numeri, il recupero coinvolge ben 1000 persone, provenienti da tutto il mondo: ad affiancare i militari locali non ci sono soltanto sommozzatori britannici e americani, ma anche esperti provenienti dalla Cina, dall’Australia, Myanmar e Laos.