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**Tragedia Mottarone: Morcellini, 'pubblicare il video è pornografia del dolore'**

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Roma, 16 giu. (Adnkronos) - Pubblicare il video che documenta il momento fatale della tragedia del Mottarone non aggiunge nulla all’informazione ma chiama in causa il principio della “pornografia del dolore”. Mario Morcellini, direttore della Scuola di Comunicazione Unitelma Sapien...

Roma, 16 giu. (Adnkronos) – Pubblicare il video che documenta il momento fatale della tragedia del Mottarone non aggiunge nulla all’informazione ma chiama in causa il principio della “pornografia del dolore”. Mario Morcellini, direttore della Scuola di Comunicazione Unitelma Sapienza, non usa giri di parole per bocciare l’idea di pubblicare il video dell’incidente della funivia. Una scelta che ha diviso i media: alcuni quotidiani lo hanno pubblicato subito, anche se molti, come Repubblica e Huffington Post, lo hanno messo online con un avviso che recita 'attenzione le immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità'. Altri, invece, non lo hanno pubblicato integralmente, come il Corriere della Sera, o non lo hanno pubblicato affatto, come il Sole 24 Ore.

“Mettere in diretta le grida della disperazione – dice all’Adnkronos Morcellini – a me sembra che non sia un esercizio di informazione. E’ quella che uno studioso francese ha chiamato pornografia del dolore. Qui non c’è nulla che pretenda di essere raccontato quindi davvero è quello che si dice spostare l’asticella sempre più in là. Ma in questo modo il giornalismo perde credibilità agli occhi dell’opinione pubblica”. In questo senso, secondo Morcellini, “un’informazione che va a prendere il momento topico dello schianto e le grida, a mio giudizio, per quanto sia difficilissimo stilare pagelle, è al di là del limite dell’informazione. Onestamente, nessuno può dire che aggiunga qualcosa all’evento perché noi, sulla sua natura drammatica, sappiamo già molto”.

“Accendere i riflettori sull’istante in cui le persone perdono la vita in modo così sconvolgente – argomenta ancora Morcellini – a me pare che sia un doppio errore: di deontologia e anche di difesa del giornalismo. Durante il Covid abbiamo scoperto che il giornalismo, quando è capace di mediazione, recupera attenzione da parte dei pubblici. Quindi significa che c’è bisogno di più responsabilità. Lì non mi pare che la responsabilità ci sia. Posso capire pubblicare il video in parte, ci sono mille modi. Ma mettere in diretta le grida della disperazione a me sembra che non sia un esercizio di informazione", conclude.