> > Trump: stop a immigrazione. Sette paesi islamici finiscono nella blacklist USA

Trump: stop a immigrazione. Sette paesi islamici finiscono nella blacklist USA

Trump: stop a immigrazione. Sette paesi islamici finiscono nella blacklist USA

Nuovo affondo di Donald Trump contro l'immigrazione. Per 4 mesi stop all'ingresso negli USA di cittadini provenienti da Siria, Iraq, Iran, Yemen, Sudan, Libia e Somalia. Prevenire nuovi attacchi terroristici. È questa ufficialmente la motivazione per la quale il neo Presidente degli Stati Uniti D...

Nuovo affondo di Donald Trump contro l’immigrazione. Per 4 mesi stop all’ingresso negli USA di cittadini provenienti da Siria, Iraq, Iran, Yemen, Sudan, Libia e Somalia.

Prevenire nuovi attacchi terroristici. È questa ufficialmente la motivazione per la quale il neo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che blocca per 4 mesi l’ingresso negli USA di cittadini provenienti da una lista di 7 paesi a maggioranza islamica.

Il suo mandato è appena iniziato, ma Trump sta già dimostrando un attivismo notevole sul piano della lotta all’immigrazione. Esattamente come aveva promesso in campagna elettorale, il presidente ha confermato la costruzione del muro sul confine con il Messico. E adesso dà il via a nuove misure per contenere l’ingresso di profughi da Siria, Iraq, Iran, Yemen, Sudan, Libia e Somalia. Il provvedimento ha avuto effetto immediato, scatenando il caos in molti aeroporti americani. Viaggiatori provenienti dai paesi inseriti nella blacklist sono stati bloccati, pur se in possesso di regolare visto, e non gli è stato permesso di lasciare i terminal.

Per quanto riguarda i cittadini siriani, lo stop deciso da Trump è totale e proseguirà sine die. Per coloro che provengono dagli altri paesi, invece, dopo un periodo di messa al bando totale, si procederà a una scrematura che privilegerà i profughi di religione cristiana.

La decisione del presidente Trump non ha mancato di suscitare polemiche sia negli Stati Uniti che all’estero. I paesi inseriti in blacklist si stanno mobilitando per introdurre misure analoghe nei confronti dei cittadini americani. L’Iran ne ha già stabilito il divieto d’ingresso e l’Iraq sembra sul punto di fare altrettanto. Negli USA migliaia di cittadini hanno manifestato negli aeroporti per contestare una misura che discrimina i cittadini per motivi religiosi e molti importanti studi legali stanno offrendo il proprio patrocinio gratuito a quanti si trovano bloccati negli scali.

Anne Donnolly, giudice federale di Brooklyn, ha firmato un ordine che vieta l’immediata deportazione nei propri paesi d’origine dei rifugiati fermati negli aeroporti. E anche diversi leader stranieri hanno reso noto il proprio dissenso nei confronti della scelta operata da Trump. In primis il premier britannico Theresa May, che dopo l’incontro con il neo presidente americano era sembrata d’accordo con la sua linea politica intransigente. La May, tuttavia, era stata sollecitata dal proprio parlamento a raffreddare gli entusiasmi nei confronti di Trump. Le critiche del Regno Unito sono, inoltre, figlie anche del timore che il blocco dell’immigrazione possa colpire cittadini britannici con il doppio passaporto di una delle nazioni sgradite.

Contro Donald Trump si è schierato anche il primo ministro canadese Justin Trudeau, che attraverso il proprio account Twitter ha invitato i rifugiati ad andare nel suo paese: “A chi fugge dalle persecuzioni dal terrore e dalla guerra, sappiate che i canadesi vi daranno il benvenuto, non importa quale sia la vostra fede. La diversità è la nostra forza #welcome to Canada”.

Il blocco all’immigrazione disposto da Trump sta scatenando polemiche anche per il fatto che la blacklist dei paesi a maggioranza islamica non contiene i nomi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Libano e Turchia. Tutte nazioni nelle quali predominano i cittadini di religione musulmana e che non sono di certo estranee al terrorismo di matrice islamista, ma nelle quali sono presenti forti interessi economici degli Stati Uniti o direttamente del presidente Trump. Che, ad esempio, possiede due grattacieli proprio nel paese di Erdogan.