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Turchia, finito lo stato di emergenza post-golpe a Erdogan

Revocato stato di emergenza dopo due anni dal golpe a Erdogan

A due anni dal tentativo di golpe termina lo stato di emergenza in Turchia, per Amnesty international però non vi è nessun significativo cambiamento.

In Turchia termina ufficialmente lo stato di emergenza post-golpe emanato dal Presidente Recep Tyyip Erdogan: il Primo Ministro aveva proclamato il 20 luglio 2016 una serie di misure straordinarie per il tentato colpo di stato effettuato (secondo Erdogan) da Fethullan Gulen, religioso turco che sarebbe stato coordinato dagli Stati Uniti. L’opposizione però accusa l’amministrazione di aver emanato misure legislative ancora più repressive rispetto a quelle vigenti durante lo stato di emergenza.

Il nuovo decreto sullo stato di emergenza

L’8 luglio 2018 il governo ha emanato un nuovo decreto in sostituzione a quello emanato pochi giorni dopo al tentato golpe, il presidente ha quindi ordinato il licenziamento di altri 18.632 funzionari statali: 8.998 agenti di polizia, 6.152 militari e decine di professori universitari. Le elezioni quindi non hanno modificato la linea di Erdogan che si mantiene sempre più repressiva, le misure rafforzano il potere dell’esecutivo, bandiscono le proteste e i raduni in zone pubbliche dopo il tramonto senza speciali autorizzazioni.

Le milizie potranno limitare gli spostamenti delle persone e chiunque sia sospettato di un reato potrà essere arrestato e detenuto in un carcere per oltre 48 ore. Per Amnesty international non c’è stato nessun cambiamento rilevante dalla normativa imposta durante lo stato di emergenza.

Il golpe del 16 luglio

Sono passati circa due anni dal tentativo di colpo di stato effettuato nella notte tra il 15 e 16 luglio 2016, quando una parte dell’esercito turco tentò di rovesciare la presidenza di Erdogan. La manifestazione, alla quale aderirono molti civili portò alla morte di circa 260 persone e 2.000 feriti, tutto il mondo quella notte rimase incollato alla televisione: il presidente fuggiva dalla Turchia quando a tarda notte i ribelli sembravano ce l’avessero fatta. La normalità tornò solamente il mattino dopo quando le milizie del Presidente ripresero il potere uccidendo la maggioranza dei soldati rivoltosi.

Molti osservatori concordano nel dire che il tentato golpe abbia giovato a Erdogan che avrebbe sfruttato l’instabilità per reprimere non solo i ribelli ma anche il dissenso che stava emergendo nel paese, le “purghe” del Presidente hanno permesso il licenziamento di migliaia di dipendenti statali, giornali e televisioni delle opposizioni. Le misure autoritarie hanno inasprito i rapporti internazionali con la Turchia portando anche dei grossi squilibri economici e diplomatici: il più importante quello con I Paesi Bassi quando la nazione aveva ritirato l’autorizzazione precedentemente concessa al ministro degli esteri turco a tenere un evento elettorale nella città di Rotterdam.