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"Turisti dell'orrore": selfie di fronte al ponte Morandi

Ponte Morandi

C’è chi giunge da città lontane decine di chilometri. Non depositano mazzi di fiori né pronunciano una preghiera. Solo selfie in quel luogo di morte

Era diventato virale il progetto di Shahak Shapira, un artista israeliano di 28 anni emigrato con la famiglia nella capitale tedesca quando ne aveva 14. Selfie con sorrisi smaglianti, boccacce, pose di yoga e giocolieri. Fra i diecimila turisti che ogni giorno, a Berlino, visitano il Memoriale dell’Olocausto alcuni esagerano. Scattano foto decisamente fuori luogo, poiché irrispettose della memoria delle vittime così disumanamente uccise. Nei luoghi in cui ci sono state delle vittime è doveroso mostrarsi civili e ben educati. Niente selfie, facce buffe o acrobazie. Solo mazzi di fiori e tante preghiere. Tuttavia, la questione torna attuale anche in Italia. A una settimana dal drammatico crollo del ponte Morandi, sono troppe le persone che si recano nel luogo in cui macigni di macerie e lamiere hanno ucciso oltre 40 persone solo per scattarsi un selfie. E’ polemica per gli scatti dell’orrore.

Il turismo dell’orrore

Selfie nei luoghi dell’Olocausto, poi sull’isola del Giglio con il macabro sfondo della Costa Concordia. Il “turismo dell’orrore” prosegue con scatti davanti al ponte Morandi.

ponte Morandi

Vengono chiamati “turisti dell’orrore”. Arrivano sul luogo della tragedia per scattarsi un selfie che testimonia il loro passaggio. Un gesto irrisorio e irrispettoso nei confronti di Genova che continua a piangere i suoi morti. C’è chi giunge da città lontane decine di chilometri, chi per giustificarsi dice di aver promesso al bambino la gita sul luogo del disastro. E anche chi fa finta di passare di lì per caso. Poi ci sono quelli che arrivano con il cavalletto da professionisti solo per postare le immagini online o in appositi gruppi di fotografia.

Dalla nave da crociera arenata all’isola del Giglio, la Costa Concordia, ai luoghi di tragedie epocali come Chernobyl o i campi di concentramento. Fino a Rigopiano, dove una valanga sommerse l’hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort nel 2017. Decisamente troppe le “gite delle domenica” realizzare da alcuni curiosi accorsi per vedere ciò che rimaneva del tragico evento. Stessa cosa ad Amatrice e gli altri luoghi del terremoto, dove molti hanno scattato selfie e foto ricordo del terremoto che provocò centinaia di vittime nel 2016. La spettacolarizzazione della tragedia è ormai un fenomeno diffusissimo e incrementato da un folle e”esercito dei selfie”.