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Uccide figlio adottivo di 19 anni: Cassazione annulla ergastolo

Andrei Talpis

La Cassazione annullare la sentenza di ergastolo per Andrei Talpis, emessa dalla Corte d'Appello di Trieste in seguito all'omicidio del figliastro.

La Cassazione decide di annullare l’ergastolo per Andrei Talpis. La sentenza era stata emessa dalla Corte d’Appello di Trieste, che condannava il cinquantasettenne moldavo per l’omicidio del figliastro.

Cosa è successo quel 26 novembre ad Udine

Andrei Talpis viene accusato di omicidio dopo aver ucciso il figliastro diciannovenne Ion, nella notte del ventisei novembre 2013. Secondo quanto riportato nei processi, Andrei Talpis era rientrato a casa ubriaco. Aveva tentato di aggredire sua moglie, Elisaveta, anche lei cinquantasettenne e di origine moldava. Nell’ennesima lite fra Andrei ed Elisaveta decide, però, di intervenire Ion, diciannovenne e figlio adottivo della coppia. Il tentativo era quello di proteggere la madre dall’ennesima violenza del padre adottivo. Nella furia della lite, Talpis uccide a coltellate il figliastro e ferisce gravemente la moglie. L’accusa sarà, poi, di tentato omicidio anche nei confronti di quest’ultima.

Condannato all’ergastolo nel 2015

Nel 2015, il cinquantasettenne era stato condannato all’ergastolo. Ad emettere la sentenza era stato il tribunale di Udine, supportato poi dalla Corte d’Appello di Trieste. Tuttavia, ci sarà in seguito una riformulazione di tale sentenza, secondo la quale la pena da scontare non dovrà essere inferiore ai sedici anni.

Il ricorso e l’appello all’assenza di relazione parentale

Durante il ricorso e, dunque, la revisione della condanna di ergastolo assegnata ad Andrei Talpis, l’avvocato difensore di Talpis, il signor Roberto Mete, ha fatto appello all’assenza del legame di sangue. Come già detto, infatti, il diciannovenne ucciso non era figlio naturale della coppia, ma semplicemente figlio adottivo. L’assenza del legame di sangue fra i due elimina dunque, secondo il giudizio della Corte Suprema, l’aggravante. Secondo la nuova sentenza emessa, l’uomo potrebbe cavarsela con appena sedici anni di carcere. L’appello all’assenza di relazione di sangue tra l’imputato e la vittima, è possibile secondo il Codice Penale. La distinzione fra figli naturali ed adottivi è infatti quanto basta per eliminare l’aggravante specifica in caso di omicidio.

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L’Italia già condannata dalla Corte Europea dei diritti umani

Secondo il giudizio della Corte Europea dei Diritti Umani, “la signora Talpis è stata vittima di discriminazione come donna a causa della mancata azione delle autorità, che hanno sottovalutato (e quindi essenzialmente approvato) la violenza in questione”. Elisaveta aveva infatti più volte denunciato le violenze del marito, ma il Comune non aveva mai agito, ritenendo la situazione meno grave di quel che realmente era.

“Le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto, creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che alla fine hanno condotto al tentato omicidio della donna alla morte di suo figlio”

La condanna della corte europea fa appello all’articolo 2 (diritto alla vita), all’articolo 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani. A causa della violazione di tali diritti e divieti, il pagamento previsto è di 10 mila euro di spese legali e ben 30 mila euro per quanto riguarda i danni morali.