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Un tampone salivare lecca lecca, parte la sperimentazione a Bollate ma si spera in un uso nazionale

Un tampone salivare "lecca lecca"

Un tampone salivare lecca lecca, parte la sperimentazione a Bollate dietro input di un team di ricercatrici che aveva affinato un protocollo Usa

Un tampone salivare lecca lecca, dal 12 aprile partirà la sperimentazione in anteprima nazionale a Bollate. Sperimentazione resa possibile da un protocollo dell’università di Yale successivamente elaborato da quattro ricercatrici milanesi. Lo scopo è quello cruciale di identificare i bambini positivi asintomatici. Si tratta di un passaggio fondamentale per evitare la diffusione del virus e il contagio in classe e nelle famiglie. Passaggio che però non era facile da trasformare in protocollo sanitario di screening. A farlo ci hanno pensato a novembre del 2020 quattro ricercatrici dell’Università Statale di Milano. Sono Elisa Borghi, Daniela Carmagnola, Claudia Dellavia e Valentina Massa e sono andate “a meta” ottimizzando un protocollo dell’Università di Yale. 

Un tampone salivare lecca lecca, come funziona

Si, ma in che modo? Elaborando un tampone salivare molecolare simile ad un lecca lecca, economico e non invasivo. Proprio questo metodo assolutamente innovativo permetterebbe di essere utilizzato con maggior frequenza nelle scuole. E l’anteprima nazionale di utilizzo del tampone lecca lecca è prevista lunedì 12 aprile nel comune di Bollate, alla porte di Milano. Cioè nel comune dove a gennaio si è sviluppato il primo cluster di variante inglese della Lombardia. 

I vantaggi di un dispositivo “da ciucciare”

Valentina Massa, una delle quattro ricercatrici, ha illustrato i vantaggi: “Il nostro tampone per bambini è decisamente meno disagevole del tampone naso-faringeo tampone naso faringeo. Lo è perché richiede semplicemente di ‘ciucciare’ un dispositivo con una spugnetta. Ppur essendo più facilmente somministrabile, ha la stessa affidabilità del test naso-faringeo, ovvero il 96%. Ed è perciò efficace nell’identificare i soggetti con alta carica virale in saliva. Questo anche quando pre-sintomatici e asintomatici, permettendo così di isolare i cosiddetti superspreader, i super diffusori responsabili dell’80% dei contagi dagli ultimi dati e modelli in letteratura”. 

Progetto incastrato nelle pieghe della burocrazia

Il progetto, come hanno sottolineato le ricercatrici, “era rimasto incastrato, per motivi che non ci spieghiamo, dalla burocrazia”. E Gianvincenzo Zuccotti, professore di Pediatria e preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Statale e coordinatore dello studio, non ha dubbi. “Si tratta di un test veloce, facile che potrebbe essere messo a disposizione dei pediatri di famiglia per diagnosticare in maniera non invasiva l’infezione da SARS-CoV-2 almeno tra i bambini che, come è noto, sono spessissimo soggetti a forme virali. Soggetti per i quali il rischio di ricorrere ripetutamente al tampone nasofaringeo e alle code dei drive-through è molto elevato”. L’auspicio del team è che il protocollo possa essere utilizzato presto in tutta Italia. “Ne abbiamo parlato con tutti, anche lunedì con Mariastella Gelmini, ministra per gli affari regionali, che si è fatta carico del problema”.