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Variante Omicron: il sintomo invisibile. Come riconoscerlo?

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Ancora paura per la variante Omicron: recenti studi indicano una sintomatologia più lieve rispetto a Delta: attenzione al "sintomo invisibile"

La variante Omicron cela ancora diversi misteri per gli scienziati, ma recentemente è stato scoperto un nuovo sintomo che la dovrebbe distinguere dalle altre forme del virus.

Omicron e il sintomo invisibile: cosa sappiamo

Una delle prime scoperte relative alla variante B.1.1.529 è che tende ad attaccare i bronchi e non i polmoni, ma riguardo alla sintomatologia gli studiosi hanno poche certezze. Tim Spector, capo scienziato dell’app Zoe, ha dimostrato che la maggior parte dei contagiati non soffre più di tosse persistente, febbre e perdita dell’olfatto e del gusto:

«In linea di massima quello che stiamo vedendo ora è che la maggior parte delle persone che risultano positive al tampone molecolare hanno effettivamente sintomi simili al raffreddore e non hanno la classica triade che ci ha abituato in precedenza».

Variante Omicron: arriva il sintomo invisibile

Dalle prime osservazioni, quindi, emerge che Omicron sia caratterizzata da una sintomatologia più lieve, che non ha nulla a che fare con la precedente variante dominante, Delta. E non ci sarebbe da stare tranquilli: l’assenza di segnali “particolari” porta le persone a essere ignare di riscontrare una positività al Covid e, di conseguenza, aumenta la sua trasmissione.

Variante Omicron: cautela verso il sintomo invisibile

Tim Spector ha voluto raccomandare più attenzione e cautela nell’osservazione dei sintomi e invita le persone a sottoporsi ad un test per accertarsi di non essere positivi anche al minimo problema.

«Le persone non possono più attendere di soffrire della perdita del gusto e dell’olfatto, o la tosse persistente, per fare un tampone. È fondamentale non sottovalutare sintomi come il banale raffreddore, o un semplice mal di testa, perché più del 50 per cento delle persone che si presenta senza i classici sintomi del Covid, risulta comunque positivo al test». Tuttavia: «Quasi tutti i pazienti sono migliorati dopo circa cinque giorni».