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A Festival fotografia etica a Lodi mostra inedita di Monika Bulaj

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Milano, 4 ott. (askanews) - Al "Festival della fotografia etica", in programma dal 5 al 27 ottobre a Lodi, arriva la mostra inedita "Broken Songlines" di Monika Bulaj, presentata in anteprima assoluta da Fujifilm, official sponsor dell'importante rassegna fotografica giunta quest'anno alla sua dec...

Milano, 4 ott. (askanews) – Al “Festival della fotografia etica”, in programma dal 5 al 27 ottobre a Lodi, arriva la mostra inedita “Broken Songlines” di Monika Bulaj, presentata in anteprima assoluta da Fujifilm, official sponsor dell’importante rassegna fotografica giunta quest’anno alla sua decima edizione.

“Il mio è un lavoro è sempre sulla memoria, sull’oblio, sull’amnesia di cui soffre il nostro tempo oggi, sulle minoranze di ieri e su quelle di oggi che sotto i nostri occhi stanno per scomparire” spiega Bulaj, aggiungendo “è un lavoro sui nomadi che non possono più camminare, sulla loro leggerezza, perché la transumanza, il loro camminare, è in qualche modo un rituale”. “Lavoro sui nomadi che non possono più vagare perché i loro sentieri millenari sono disseminati di mine – prosegue la fotografa – su chi in qualche modo è costretto a fermarsi a causa dei cambiamenti climatici, perché le loro terre diventano desertiche, dove non c’é più una goccia d’acqua e devono portarla. E su quelli che vivono sugli scarti della nostra civiltà, su enormi montagne di rifiuti come alchimisti, cercando di tirar fuori la vita da questa montagna e soprattutto sopravvivere. Lavoro sulle minoranze in fuga, sul mondo dei cristiani che scompare in Medio Oriente, su quello dei cristiani nell’antica India, quindi oggi in Pakistan, che vivono nella costante paura degli attacchi”.

In una cinquantina di scatti di un intenso bianco e nero e di un colore pittorico, la straordinaria fotografa di origine polacca immortala corpi, occhi, volti, veli, viscere, sangue e sudore di Yazidi, Barelvi, Mirasi, Qashqai, Khana Badosh e di altre comunità, nomadi e non, perseguitate per la loro storia, per il loro credo, per la loro diversità e che oggi rischiano di scomparire insieme con le loro millenarie storie, culture e tradizioni.

“Io penso che per quanto sia possibile bisogna praticare la speranza e soprattutto impegnarla nel vedere positivo: per questo motivo, credo sia importante mostrare il lato positivo anche se qui c’è tanto dolore e tristezza negli occhi, nei volti, io non mostro il male perché voglio mostrare la bellezza anche nei luoghi più tremendi” ha spiegato Bulaj, sottolineando che “sono quindi consapevole che nel mostrare la bellezza, che è la verità di quei luoghi, attraverso anche il dolore, anche il sacro che fa paura, si può, goccia dopo goccia, costruire una specie di sensibilità che fa sì che cadano, che si disperdano, le mappe mentali che abbiamo nella nostra testa, le divisioni che sono create attraverso le cosiddette teorie sullo scontro tra civiltà”. “Teorie – ha concluso – che sono molto importanti per tutti quelli che praticano la violenza ma anche il controllo di Stato, quindi per i presidenti che governano attraverso la paura e terroristi e banditi, quella fascia grigia del male che ha bisogno della paura e della divisione”.