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Addio a Germano Celant, critico tra Arte povera e altra America

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Milano, 29 apr. (askanews) - Il mondo dell'arte perde un protagonista di primo piano. E' morto a 80 anni il più celebre storico dell'arte contemporanea italiano: Germano Celant, nato a Genova nel 1940, si è spento all'Ospedale San Raffaele di Milano, dove era ricoverato perché contagiato dal ...

Milano, 29 apr. (askanews) – Il mondo dell’arte perde un protagonista di primo piano. E’ morto a 80 anni il più celebre

storico dell’arte contemporanea italiano: Germano Celant, nato a

Genova nel 1940, si è spento all’Ospedale San Raffaele di Milano, dove era ricoverato perché contagiato dal Covid-19. Protagonista della scena italiana e internazionale dagli anni

Sessanta, Celant è stato soprattutto il critico che ha dato

un’identità comune al movimento dell’Arte povera, poi diventato

il più rilevante fenomeno artistico in Italia nella seconda metà

del Novecento.

“Quando si progetta una mostra di qualsiasi tipo, sia moderna sia contemporanea – aveva detto ad askanews in un’intervista di marzo 2019 – cerchiamo di confrontarci con il mondo. Non con la città, né con la nazione né con l’Europa, ma con il mondo e quindi cerchiamo di dare un contributo che sia veramente globale”.

Nel corso della sua lunga carriera Celant ha lavorato molto

anche con gli artisti americani, dei quali ha raccontato gli innumerevoli percorsi, spesso di rottura, andando esattamente al centro di quello che lui stesso ha chiamato un “vortice americano”. In questo senso resta emblematica, tra le sue mostre recenti, quella dedicata in Fondazione Prada a Milano, dove Celant era il curatore, a Ed e Nancy Keinholz.

Attualmente era anche curatore della Fondazione Emilio Vedova, e lo avevamo incontrato anche all’inagurazione della retrospettiva sul pittore veneziano a Palazzo Reale a Milano, pochi mesi fa, dove ci aveva parlato di rabbia e gesti dell’artista.

“La rabbia secondo me – ci aveva spiegato – è qualcosa che spinge le persone a cambiare una struttura politica o culturale, quindi la rabbia di spezzare, la rabbia del gesto. E’ il taglio, l’aggressione, una cultura che esce dal Dopoguerra fondamentalmente e che continua questo tipo di tragedia, ma la trasforma in esistenziale”.

Un’esistenza, quella di Germano Celant, che è stata tutta dedicata all’arte e che forse è bello ricordare oggi con l’immagine del progetto di Christo sul lago d’Iseo, una passerella impossibile attraverso il vuoto apparente, una strada tracciata solo ed esclusivamente perché ci passasse l’arte, e con lei le persone.