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Quattro residenze d'artista: l'estate contemporanea di FuturDome

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Milano, 7 lug. (askanews) - Forse tra le caratteristiche della vera contemporaneità c'è anche quella di sapersi guardare da una certa distanza, per poter acquisire una consapevolezza del presente che non sia semplicemente istantanea. Così, da FuturDome a Milano, Ginevra Bria e Atto Belloli Ard...

Milano, 7 lug. (askanews) – Forse tra le caratteristiche della vera contemporaneità c’è anche quella di sapersi guardare da una certa distanza, per poter acquisire una consapevolezza del presente che non sia semplicemente istantanea. Così, da FuturDome a Milano, Ginevra Bria e Atto Belloli Ardessi hanno voluto chiamare quattro artisti italiani in residenza per lavorare anche sulla stessa idea di come avvicinarsi a un’opera parte, come considerarla e fruirla alla luce di quanto è cambiato durante il lockdown e in seguito alla pandemia. Ne è nato il progetto Summer In, che fino al 31 luglio ha affidato l’intera palazzina di via Paisiello a quattro artisti: Silvia Hell, Domenico Antonio Mancini, Fabrizio Perghem e Sara Ravelli.

Quattro momenti che sono finestre sulla complessità, nonché occasioni per entrare, letteralmente, dentro le stanze del contemporaneo. Ma anche, nel caso del progetto di Perghem, per poter cercare il suono del palazzo, attraverso un’indagine sulle eco.

“Il principio sul quale mi sono concentrato – ha spiegato l’artista ad askanews – è quello dell’attrito e del mettere in risonanza i materiali. In questo caso utilizzo il suono come una sorta di dato volumetrico dell’architettura e stiamo ancora indagando su come si svilupperà questo progetto”.

Sara Ravelli, invece, ha puntato sulla carica sentimentale degli oggetti e sull’idea di funzionalità compromessa, traumatizzata.

Per Mancini il ragionamento si è mosso sui luoghi, sulle coordinate, sulla decrittazione dello spazio privato, che diventa, in un certo senso, informazione. E l’informazione è anche presente nel progetto sviluppato da Silvia Hell.

“Io sto lavorando su questo work in progress – ci ha spiegato l’artista – che si chiama Lightsourcing, quindi un lavoro sulla luce, la ricerca di una sorgente luminosa, e poi c’è il gioco di di parole con source che significa sia sorgente, fonte, sia ricerca. E’ un lavoro sull’attenzione, per sensibilizzare i nostri sensi verso l’ambiente, parla di informazioni, immagini, ricerche in rete attraverso una installazione video, su due canalizzerò immersa nell’ambiente, nell’architettura ospite, in questo caso FuturDome”.

Come sempre, quando si entra nell’universo di FuturDome, è difficile trovare una sintesi, è difficile poter semplificare. Questa è probabilmente la caratteristica che lo rende uno spazio unico, complesso, amabilmente radicale. E che ha il grande pregio di sollevare, ogni volta, nuove domande, che diventano poi le nostre domande e che, nel corso della residenza, sono analizzate anche insieme a critici, curatori e giornalisti chiamati a confrontarsi con i progetti degli artisti.