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Open Innovation: confronto tra Italia e Israele

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Milano, 24 set. (askanews) - Può l'Italia aprirsi all innovazione digitale e diventare una Start-up Nation? Di sicuro, lo è Israele, il primo Paese al mondo per numero di start-up e brevetti. Al centro di un webinar dal titolo "An open Innovation Ecosystem post 4.0 Digital" il caso israeliano è...

Milano, 24 set. (askanews) – Può l’Italia aprirsi all innovazione digitale e diventare una Start-up Nation? Di sicuro, lo è Israele, il primo Paese al mondo per numero di start-up e brevetti. Al centro di un webinar dal titolo “An open Innovation Ecosystem post 4.0 Digital” il caso israeliano è stato spiegato da due esponenti di punta dell’innovazione continua israeliana: Ofer Sachs, Ceo di Herzog Strategic e già ambasciatore d’Israele in Italia e Nava Swersky Sofer, una vera guru sul tema, imprenditrice e ricercatrice. Nonchè Andrea Cafà, presidente di Cifa e di Fonarcom, Angelo Maria Petroni, segretario generale di Aspen Institute Italia e ordinario di Logica e Filosofia della scienza alla Sapienza di Roma, e Pasquale Caffio, managing director di HRC.

Legislazione favorevole all’innovazione, investimenti statali e capitali privati, nonchè un sistema che sostiene un’interazione strettissima tra università, hub di ricerca e imprese. Come ha spiegato Sachs “sono tanti i fattori che hanno spinto Israele verso l’innovazione, a partire da una popolazione molto giovane e di provenienza internazionale”. E proprio “l’innovazione aperta” sarà parte del “day after” della pandemia di Covid 19.

Per Swersky Sofer, “a consentire in Israele lo sviluppo dell Open innovation è il grande investimento delle aziende private nei centri di ricerca e nelle università”. A caratterizzarne lo sviluppo è invece il metodo della “convergenza”. E l’Italia potrebbe diventare leader in molti settori proprio adottandola, a partire dall’arte e dalla cultura.

Per Petroni l’Open innovation richiede un alto capitale umano e un alto capitale sociale.

“Le aziende valorizzano il capitale umano in maniera molto relativa. E la ragione sostanzialmente sono le dimensioni: il 95% dei dipendenti in Italia lavora in aziende di cinque persone o meno. Se si è in cinque, e difficile fare dei corsi di formazione”.

Petroni segnala anche lo “spreco di capitale umano” in Italia. Compreso un dato agghiacciante: circa l’80% dei laureati in Italia svolge un lavoro che non ha nulla a che fare con la sua laurea. Ma questo non toglie che servano persone più istruite e relazioni più facili tra lavoratori e imprese, e tra imprese e istituzioni. È su questo che il nostro Paese ha bisogno di interventi, sia normativi sia organizzativi.

Il fondo Fonarcom, con Diginnova, ha stanziato 4 milioni di euro per finanziare le competenze digitali in Italia. Le aziende possono presentare piani formativi fino ad aprile del 2021. Andrea Cafà:

“Serve un rinascimento sociale e culturale. Abbiamo dei ragazzi, dei giovani straordinari. Dobbiamo mettere al centro la persona. Si può fare soltanto con un chiaro progetto di governo. Il governo deve dialogare con i giovani e le intelligenze. Il governo deve valorizzare le iniziative che da queste intelligenze vengono intraprese. Auguriamoci che con le risorse che verranno per la ripartenza, questo sia uno dei punti importanti per far rinascere la cultura e il valore del nostro popolo”.