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I cavalli di Mimmo Paladino nello spazio di comunità a Piacenza

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Piacenza, 12 ott. (askanews) - Un segno che diventa scultura, una grande scultura in uno spazio pubblico e così facendo dialoga con il luogo, la sua arte e la sua architettura, ma, soprattutto, torna ad acquistare la dimensione profonda proprio del suo essere segno. Mimmo Paladino, uno dei protag...

Piacenza, 12 ott. (askanews) – Un segno che diventa scultura, una grande scultura in uno spazio pubblico e così facendo dialoga con il luogo, la sua arte e la sua architettura, ma, soprattutto, torna ad acquistare la dimensione profonda proprio del suo essere segno. Mimmo Paladino, uno dei protagonisti dell’arte italiana dagli anni Settanta in avanti, ha portato in piazza dei Cavalli a Piacenza una grande installazione concepita per il centro della città emiliana e in relazione alle statue equestri di Alessandro e Ranuccio Farnese, realizzate nel Seicento da Francesco Mochi da Montevarchi.

“PaladinoPiacenza” è composta da 18 sculture in vetroresina nera, poste su una base quadrangolare di dodici metri. Il cavallo è una delle immagini ricorrenti nel lavoro di Paladino e qui il gruppo scultoreo, che appare come in parte celato, assume una forza che non deriva dalla semplice somma delle diverse opere o dalla loro giustapposizione, ma si arrichisce anche, in quanto segno come si diceva prima, di una dimensione narrativa, che è comunque implicita, in parte misteriosa. E in questo modo, nel non esplicitare, assume una intensità maggiore, una forza che in certi momenti appare dirompente.

“Mi interessa quando l’opera scende dal piedistallo ed entra nello spazio pubblico”, ha detto Mimmo Paladino inaugurando l’installazione, perché si capisce, guardando il lavoro, che a quel punto non è più qualcosa che appartiene al suo autore, ma diventa un tassello di comunità, una parte del discorso culturale collettivo che attraversa la città. E in questo tempo nel quale il bisogno di comunità è primario, un’operazione come quella curata da Flavio Arensi ed Eugenio Gazzola non è solo artistica, ma diventa più larga e aperta alla società.

L’installazione, con il suo inedito confronto tra il Barocco e le derivazioni della Transavanguardia, resta a Piacenza fino al 28 dicembre.