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Camilla, la ristoratrice simbolo della terza ondata: "Riapriteci"

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Roma, 17 mar. (askanews) - La foto di Camilla accovacciata in lacrime nella sua cucina è diventata il simbolo della terza ondata della pandemia, incarnando la rabbia del mondo della ristorazione, piegato dalla crisi economica scatenata dal Covid-19. Il suo locale, Bistrot Pasticciona, sul lungoma...

Roma, 17 mar. (askanews) – La foto di Camilla accovacciata in lacrime nella sua cucina è diventata il simbolo della terza ondata della pandemia, incarnando la rabbia del mondo della ristorazione, piegato dalla crisi economica scatenata dal Covid-19. Il suo locale, Bistrot Pasticciona, sul lungomare di Ostia, ha aperto nel 2019. Ma, dice Camilla Moccia è stato più chiuso che aperto. La specialità? La pasta all’uovo fatta a mano.

Diplomata all’alberghiero, Camilla Moccia – oggi 22 anni – ha deciso di lanciarsi in questa sfida, aiutata dai suoi genitori che, per il locale, hanno lasciato il lavoro. “Se non lavora il Bistrot della Pasticciona non si guadagna”.

Camilla racconta cosa è successo qualche giorno fa quando ha deciso di postare la foto sui suoi social: “La foto racchiude lo stato d’animo di tutti coloro che stanno vivendo questo momento atroce. È stata scattata da mia mamma, ha rubato un momento in cui ero particolarmente giù. Avevo zero prenotazioni e da lì a poco sarebbe arrivato il verdetto della zona rossa. È stata una cosa bruttissima: sono arrivata a pensare addirittura: non riapriremo più. Dopo la prima ondata, avere una seconda chiusura è terribile”.

La giovanissima ristoratrice denuncia una mancanza di aiuti: “Gli aiuti non ci sono stati proprio. Dall’inizio ad oggi abbiamo ricevuto solamente 4mila euro: per una piccola attività, sono nulla, non ci paghi nemmeno due mesi di affitto con tutte le spese che ci sono. Le spese sono rimaste”.

Da qui un appello rivolto alle istituzioni: fateci lavorare. “Vorrei che riaprissero tutto il prima possibile, perché fino a due giorni fa eravamo gialli e da un momento all’altro siamo diventati rossi. Ci sono molte contraddizioni: perché noi chiusi e l’Autogrill no? Perchè convenzioni con aziende sì, poi far sedere le persone no?”

“L’appello che rivolgo è ‘mettetevi nei nostri panni’. Vorrei farvi vivere quello che stiamo vivendo sulla nostra pelle. Non pensate che dietro a una ristorazione c’è un’organizzazione, che non si può cambiare da giallo a rosso dall’oggi al domani. E poi fateci riaprire immediatamente”.