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Viterbo, 21enne si suicida in carcere: udienza contro l’archiviazione del caso fissata nel 2024

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Il 21enne Hassan Sharaf si è suicidato nel carcere di Viterbo nel 2018: l’udienza contro l’archiviazione del caso è stata fissata nel 2024.

Nel 2018, un ragazzo di 21 anni si è suicidato nel carcere Mammagialla di Viterbo, nella cella di isolamento in cui si trovava da circa due ore. Poco prima di morire, aveva rivelato al Garante dei detenuti e alla sua legale di avere paura di morire e di essere stato picchiato brutalmente dalle guardie carcerarie. In merito all’episodio, si è recentemente espressa la procura che ha chiesto l’archiviazione del caso, scontrandosi con l’opposizione della famiglia del giovane. L’udienza per discutere il caso, infine, è stata fissata per il 2024.

Viterbo, 21enne si suicida in carcere: udienza contro l’archiviazione del caso fissata nel 2024

Il 23 luglio 2018, Hassan Sharaf si è impiccato nella cella di isolamento del carcere di Viterbo, nella quale si trovava da circa due ore. In relazione all’accaduto, risalente a più di tre anni fa, la procura ha chiesto l’archiviazione del caso, scatenando una dura reazione da parte della famiglia del giovane.

In risposta alla richiesta di archiviazione, infatti, la famiglia di Hassan Sharaf, l’ambasciata egiziana e un’ONG per i diritti umani hanno presentato un’ulteriore richiesta per discutere della drammatica e prematura scomparsa del 21enne, in carcere per cumuli di pena legati a reati minori. L’udienza per discutere del caso, tuttavia, è stata fissata per il 2024.

Per quanto riguarda il suicidio di Hassan Sharaf, il ragazzo ha deciso di togliersi la vita circa due mesi prima di tornare in libertà. La sua scarcerazione, infatti, era prevista per il 9 settembre del 2018.

La permanenza in carcere del 21enne, però, si era ben presto rivelata particolarmente traumatica. Al Garante dei detenuti che gli aveva fatto visita presso il penitenziario di Viterbo, ad esempio, Hassan Sharaf aveva raccontato di avere il terrore di essere ucciso. Alla sua legale, Simona Filippi, invece, il ragazzo aveva rivelato di essere stato picchiato dalle guardie carcerarie, mostrandole i segni che gli erano rimasti sul corpo a seguito delle percosse.

Dopo la morte del ragazzo, il Garante Stefano Anastasia aveva rapidamente provveduto a presentare un esposto che aveva portato all’apertura di un fascicolo per istigazione al suicidio. Ai tre anni trascorsi dall’apertura del fascicolo, pare che dovranno aggiungersi altri tre anni prima della celebrazione dell’udienza per contestare l’archiviazione del caso, stabilita per il 2024.

Viterbo, 21enne si suicida in carcere: il consigliere Alessandro Capriccioli

La vicenda è stata commentata dal capogruppo di +Europa Racali al Consiglio regionale del Lazio, Alessandro Capriccioli, che ha dichiarato attraverso una nota ufficiale: “La morte di Hassan è avvenuta nel 2018, nel carcere di Viterbo, a seguito di un tentativo di suicidio del quale ancora non sono chiare le dinamiche. Accertare oltre ogni ragionevole dubbio gli accadimenti di quella notte dovrebbe rappresentare una priorità, cui come consigliere regionale ho cercato di rispondere già all’epoca dei fatti attraverso una serie di visite ispettive”.

A questo proposito, Alessandro Capriccioli ha osservato: “Chi viene ospitato nelle nostre carceri si trova nelle mani dello Stato, e per questo è ancora più importante che su vicende come questa venga fatta luce il più rapidamente possibile, senza rinvii che possano ulteriormente differire nel tempo ogni chiarimento necessario. Condividendo la preoccupazione espressa dal Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia sulle condizioni della nostra giustizia, mi auguro che il Ministro della giustizia si interessi al caso e intervenga”

Viterbo, 21enne si suicida in carcere: il carcere Mammagialla

Gli abusi e le vessazioni che caratterizzano il penitenziario Mammagialla di Viterbo sono noti da tempo immemore e la realtà che esiste tra le mura del carcere è agghiacciante secondo quanto riferito nel rapporto stilato nel 2020 dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa.

Inoltre, esistono numerosi casi in cui le lesioni riportate dai detenuti, registrate da apposite prove mediche, risultano compatibili con le aggressioni denunciate.

Il personale del Mammagialla di Viterbo, poi, ha negato al personale del Cpt, in visita nelle carceri italiane, di poter intervistare i detenuti in colloqui privati. Il personale del carcere ha anche registrato le dichiarazioni rilasciate e hanno segnato i nomi dei detenuti che hanno parlato con la delegazione.

L’assenza di collaborazione esibita dal personale del Mammagialla ha rappresentato un unicum tra le carceri italiane visitata dal Cpt.