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Web tax, stop a vantaggi per imprese digitali: nuovo sistema di tassazione

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L’Unione europea studia una web tax continentale che consenta di tassare i grandi gruppi che operano su internet anche se non hanno sedi nel continente.

La web tax

L’Unione europea studia una web tax continentale che consenta di tassare i grandi gruppi che operano su internet anche se non hanno sedi fisiche nei Paesi in cui operano. Il progetto è stato discusso a Tallin durante l’Ecofin, la riunione dei ministri dell’Economia degli Stati membri.

Assicurare un fisco efficiente

L’economia digitale cambia “profondamente” il modo di fare business. Deve anche mutare, quindi. “il modo in cui deve essere tassato“. Per questo necessita “una profonda revisione dell’attuale sistema di tassazione, per assicurare un fisco efficiente, equo e trasparente”: lo scrivono Italia, Francia, Germania e Spagna in un documento congiunto circolato a tre giorni dal vertice di Tallin sul digitale, dove i capi di Stato e di Governo Ue discuteranno della web tax e delle sfide ed opportunità del digitale.

I quattro Paesi, già autori dell’iniziativa che proponeva di tassare il fatturato delle imprese digitali, chiedono ora anche una riflessione sull’Iva. Bisogna assicurare che “lo stesso contenuto, bene o servizio sia soggetto a Iva nello Stato di consumo, senza pensare alla sua natura fisica o digitale”, scrivono i quattro Governi. Perché bisogna fare in modo che “i nuovi modelli di business siano tassati efficacemente”. “Non ha senso applicare un doppio standard che in ultima analisi altera le condizioni della concorrenza”.

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Cambiare l’attuale sistema

Sulla web tax, il documento ribadisce l’approccio dell’Ecofin cioè che “servono cambiamenti” alla legislazione “per assicurare che i profitti tassabili siano attribuiti dove viene generato il valore, per evitare l’erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti (BEPS)”.

Bisogna però cambiare l’attuale sistema, “basato sullo stabilimento permanente” delle imprese, perché è un approccio “non adatto al business digitale”, che ha una ridotta presenza materiale. “Questo ha portato ad una situazione di mancate entrate per quei Paesi dove le aziende generano profitti in modo remoto”, cioè “con scarsa o nessuna presenza”. E “spiana la strada a una evasione sistematica”. Secondo i quattro, “la Ue è il contesto più appropriato per definire un approccio comune che possa agire come leva per una soluzione globale”, cioè a livello Ocse o G20. “Perciò chiediamo al Consiglio di discutere e decidere in fretta – e sulla base della proposta della Commissione in linea con l’approccio G20/Ocse – le misure necessarie per affrontare le sfide della tassazione digitale, mentre sosteniamo il progresso tecnologico”.

Finora tassazione minima per i colossi di internet

Finora i big di internet hanno ridotto al minimo la propria imposizione fiscale in Europa grazie a raffinati (e legali) sistemi di trasferimenti di utili da paesi con aliquote più pesanti (come Italia, Francia o Germania) a legislazioni assai più compiacenti per quanto riguarda il reddito da impresa. Booking.com, Google, Amazon, Facebook e Airbnb si stanno arricchendo ai danni degli stai Ue, a cui non pagano la giusta proporzione di tasse, si legge nel documento che è arrivato sul tavolo dell’Ecofin. Di qui l’idea di una web tax che superi l’attuale principio della residenza fiscale delle aziende adattandolo alla caratteristica dell’economia digitale, che produce redditi virtuali in molti Stati pagando le tasse in uno soltanto. In base a questo approccio, “anche senza presenza fisica” un’azienda con una “presenza digitale significativa” nei Paesi dove opera dovrebbe prendere una “residenza virtuale” che la costringerebbe a sottostare alla loro tassazione sulle imprese.