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AGGIORNAMENTO ORE 14:30: Dall’entrata in vigore del controverso divieto il 7 luglio, oltre 700 persone sono state arrestate durante manifestazioni pacifiche nel Regno Unito. Le forze dell’ordine confermano che almeno 60 di queste affronteranno procedimenti penali per ‘sostegno’ a Palestina Action, un gruppo attivista recentemente etichettato come ‘organizzazione terroristica’.
Questo divieto ha sollevato un’ondata di critiche da parte di organizzazioni internazionali e difensori dei diritti umani.
Dettagli sugli arresti e le accuse
Le autorità di polizia di Londra hanno reso noto che, tra gli arresti, ben 522 sono stati effettuati durante una manifestazione lo scorso fine settimana, un numero record per una singola protesta nella storia della capitale. “Abbiamo predisposto misure che ci consentiranno di indagare e perseguire numeri significativi ogni settimana, se necessario,” ha dichiarato la polizia in un comunicato. Ma ti sei mai chiesto quali potrebbero essere le conseguenze di questo tipo di repressione?
Il direttore delle pubbliche accusa, Stephen Parkinson, ha messo in evidenza che queste sono le ‘prime significative’ conseguenze delle recenti manifestazioni, avvertendo che ulteriori arresti sono attesi nelle prossime settimane. “Le persone devono essere chiare sulle reali conseguenze per chi sceglie di sostenere Palestina Action,” ha aggiunto. Una situazione che, è evidente, sta sollevando interrogativi sulla libertà di espressione.
Il governo britannico ha difeso la sua decisione di etichettare Palestina Action come un gruppo terroristico, sottolineando che la sicurezza nazionale deve sempre essere la priorità principale. La ministra dell’Interno, Yvette Cooper, ha affermato che l’organizzazione non è pacifica, giustificando così le azioni delle forze dell’ordine. Ma il prezzo della sicurezza è davvero la libertà di protesta?
Le reazioni internazionali e locali
Le critiche al divieto sono arrivate da svariate fonti, tra cui le Nazioni Unite, Amnesty International e Greenpeace. Queste organizzazioni hanno descritto l’azione come un’eccesso che rischia di soffocare la libertà di espressione. La Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani del Regno Unito ha avvertito contro un approccio ‘eccessivo’, esortando il governo e la polizia a garantire che il controllo delle manifestazioni sia proporzionato e guidato da chiari test legali. È chiaro che la questione solleva interrogativi fondamentali sulla democrazia.
Le prime tre accuse sono state mosse nei confronti di manifestanti arrestati durante una protesta a luglio, i quali sono stati accusati ai sensi della Legge sul Terrorismo. Le pene per tali reati possono arrivare fino a sei mesi di carcere, oltre ad altre sanzioni. Dobbiamo davvero giustificare tali misure in nome della sicurezza?
Contesto e storia di Palestina Action
Palestina Action è stata messa al bando pochi giorni dopo aver rivendicato un’intrusione in una base aerea nel sud dell’Inghilterra, un’azione che, secondo il governo, ha causato danni stimabili in 7 milioni di sterline. Il governo ha accusato il gruppo di aver effettuato ‘attacchi seri’ che comportano violenza e danni significativi. Ma chi decide cosa è considerato terrorismo?
Il gruppo sostiene che le sue azioni mirano a colpire il supporto militare indiretto del Regno Unito a Israele nel contesto del conflitto a Gaza. Da quasi due anni, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in diverse città del Regno Unito, chiedendo la fine delle ostilità e l’interruzione delle vendite di armi britanniche a Israele. Questo solleva la questione: il diritto di manifestare è più importante della sicurezza nazionale?
Il Primo Ministro, Keir Starmer, ha dichiarato il mese scorso che il Regno Unito riconoscerà lo stato di Palestina entro settembre, a condizione che Israele prenda ‘misure sostanziali’ per porre fine al conflitto e impegnarsi in un processo di pace duraturo. Tuttavia, molti manifestanti ritengono che questa sia una mossa tardiva e insufficiente. La strada verso la pace è lunga e tortuosa, ma vale davvero la pena percorrerla?