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AGGIORNAMENTO ORE 10:00 – In Etiopia, la situazione sanitaria è diventata critica, e non possiamo restare indifferenti. Le strutture sanitarie, già messe a dura prova, si trovano ad affrontare un aumento allarmante dei casi di malnutrizione infantile e malaria, in particolare nella regione meridionale di Gambella. Secondo quanto riportato da Medici Senza Frontiere (MSF), i tagli ai fondi hanno costretto alla chiusura di programmi vitali di nutrizione e prevenzione delle malattie.
Questo ha portato a un incremento del 55% delle ammissioni di bambini malnutriti nel centro di alimentazione del campo profughi di Kule, rispetto all’anno scorso. Come possiamo rimanere in silenzio di fronte a tali dati?
Aumento dei casi di malnutrizione infantile
Il rapporto di MSF, pubblicato mercoledì, mette in luce una realtà drammatica: i bambini provenienti da campi vicini stanno affollando le strutture sanitarie. Con la chiusura dei servizi nutrizionali in quattro dei sette campi profughi della regione, circa 80.000 bambini sotto i cinque anni sono a rischio di malnutrizione acuta, una condizione che può rivelarsi fatale. Ma cosa significa tutto questo per il futuro di questi piccoli?
La Gambella, che confina con il Sud Sudan, ospita quasi 400.000 rifugiati, molti dei quali sono sudanesi. La situazione di conflitto in Sud Sudan ha aggravato la crisi, portando a un incremento della violenza e a un ulteriore deterioramento delle condizioni di vita nei campi profughi. Le strutture sanitarie locali, già in difficoltà, faticano a far fronte all’emergenza, aumentando il rischio di mortalità infantile. Non possiamo ignorare la gravità della situazione.
Aumento dei casi di malaria
Oltre alla malnutrizione, la malaria sta diventando un problema crescente. MSF ha registrato un aumento dei pazienti affetti da malaria di circa 125% rispetto al mese precedente, con quasi 24.000 nuovi casi. Molti di questi pazienti provengono dai campi profughi limitrofi, dove le condizioni di sovraffollamento e scarsa igiene favoriscono la diffusione della malattia. È incredibile pensare che un problema così grave possa colpire così tanti in un solo mese.
Birhanu Sahile, coordinatore medico di MSF, ha affermato che “questo rappresenta una seria minaccia per i rifugiati già vulnerabili, esposti a zanzare infette in condizioni di vita sovraffollate e con limitate possibilità di accesso a servizi igienico-sanitari”. Con l’arrivo della stagione delle piogge, che va da maggio a ottobre, le previsioni indicano un ulteriore aumento dei casi di malaria. Riusciremo a fermare questa emergenza prima che sia troppo tardi?
La testimonianza di una madre in cerca di aiuto
Una storia toccante è quella di Nyauahial Puoch, una madre rifugiata, che ha percorso circa otto chilometri per portare sua figlia di 17 mesi, malnutrita, al campo di Kule. Ha dichiarato: “Da un anno a questa parte, c’è stata una grande diminuzione delle risorse. Alcuni dei generi che ricevevamo non sono più forniti”. Anche se il cibo viene distribuito una volta al mese, spesso finisce prima della fine del mese, lasciando le famiglie senza risorse. Come possiamo permettere che una madre si trovi in questa situazione?
La crisi in Etiopia richiede un intervento urgente da parte della comunità internazionale. Senza un aiuto immediato, le condizioni continueranno a deteriorarsi, mettendo in pericolo la vita di migliaia di bambini e famiglie vulnerabili. La mancanza di assistenza adeguata potrebbe portare a una catastrofe umanitaria in un contesto già fragile. È tempo di agire, prima che sia troppo tardi.