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Nel primo semestre del 2025, i sette principali gruppi bancari italiani hanno registrato un utile netto di 15 miliardi di euro, evidenziando un incremento del 15,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo risultato è il frutto di una strategia orientata verso l’aumento delle commissioni e dei risultati finanziari, ma è accompagnato da un fenomeno inquietante: una costante diminuzione della presenza fisica delle banche sul territorio e del numero di dipendenti.
Per la prima volta, il numero di sportelli bancari è sceso sotto la soglia delle diecimila unità, con una riduzione di 5.000 posti di lavoro in Italia. Questi dati, elaborati dall’Ufficio Studi e Ricerche della FISAC CGIL, delineano un paradosso significativo: mentre i profitti aumentano, la forza lavoro e la presenza fisica delle banche si riducono.
Analisi della redditività bancaria
I dati finanziari suggeriscono che, sebbene la redditività del sistema bancario rimanga forte, la sua struttura sta subendo trasformazioni. Il margine d’interesse, tradizionalmente il motore dei profitti, ha mostrato una flessione del 5,1%, un chiaro segnale di normalizzazione dei tassi dopo i picchi del 2023-2024. Questo calo è stato ampiamente compensato da un incremento delle commissioni nette del 5,5% e da risultati eccezionali nell’area della finanza (+45,7%) e delle attività assicurative (+7,6%). In breve, le banche stanno affrontando la minore redditività del credito con un incremento delle entrate da servizi e investimenti.
Contenimento dei costi e strategia aziendale
Un altro fattore chiave che ha contribuito al successo finanziario è stato il notevole contenimento dei costi. Le spese per il personale sono diminuite del 2%, principalmente a causa della riduzione di 6.000 dipendenti a livello globale, di cui 5.000 solo in Italia. Anche gli altri costi operativi sono rimasti stabili (+0,8%), mentre è calato significativamente l’accantonamento per le rettifiche sul rischio di credito (-15,9%), sebbene questo aspetto rimanga difficile da valutare a causa dell’incertezza economica.
Il declino della presenza fisica
Un aspetto preoccupante è la continua diminuzione della presenza fisica delle banche sul territorio. Gli sportelli dei sette gruppi principali sono scesi a 9.873, segnando un drammatico calo di 2.026 filiali chiuse negli ultimi sette semestri. Questo abbandono sta privando intere comunità di servizi essenziali e di un supporto sociale, evidenziando una strategia aziendale sempre più focalizzata sul digitale e meno sul rapporto diretto con i clienti.
Contraddizioni nel sistema bancario
Questo quadro complessivo presenta un paradosso: da un lato, un sistema bancario robusto in grado di generare profitti record anche in contesti sfidanti, dall’altro, una continua perdita di risorse umane e fisiche dalle comunità che tali istituti dovrebbero servire. Questo dualismo pone interrogativi sulla sostenibilità di un modello di business che appare disconnesso dalle esigenze locali.
Un triennio d’oro nel settore bancario
Il trend positivo dei profitti è emerso in particolare dopo la pandemia. Un’analisi della FABI ha identificato un triennio d’oro per il sistema bancario italiano tra il 2022 e il 2024, favorito dall’aumento dei tassi deciso dalla Banca Centrale Europea. Nel 2024, gli utili aggregati hanno raggiunto 46,5 miliardi di euro, con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. La somma degli utili pre-tasse nel triennio ha superato i 112 miliardi di euro, segno di una ripresa robusta.
Politiche fiscali e tassazione sugli extraprofitti
Per contrastare l’ascesa dei profitti bancari, nel 2023 il governo Meloni ha introdotto una tassa sugli extraprofitti. Tuttavia, l’efficacia di questa misura è stata ridotta da un emendamento che consente alle banche di eludere il pagamento del tributo, a condizione che investano somme superiori al consolidamento del loro patrimonio. Le principali banche italiane, tra cui Unicredit e Intesa Sanpaolo, hanno scelto di non pagare la tassa, concentrandosi invece sul rafforzamento del proprio patrimonio.