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Vittorio Feltri sul delitto di Garlasco: “Dove portano quelle tracce…”

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Il delitto di Garlasco e l'analisi di Vittorio Feltri: nuove piste e riflessioni sul caso, tra sospetti di malagiustizia ed errori processuali.

Il caso Garlasco rappresenta uno dei capitoli più controversi e discussi della cronaca giudiziaria italiana. Quasi vent’anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il dibattito attorno alla vicenda non accenna a placarsi: condanne definitive, nuove indagini e presunti errori giudiziari continuano a scuotere l’opinione pubblica. Le recenti aperture investigative e le dichiarazioni di figure di spicco come Vittorio Feltri hanno riportato sotto i riflettori domande rimaste senza risposta e la possibilità di una revisione critica del processo.

“Dove portano quelle tracce…” si chiede oggi il giornalista, riflettendo su un caso che va oltre la singola tragedia.

Il delitto di Garlasco e le nuove piste investigative

Il delitto di Chiara Poggi continua a turbare l’opinione pubblica italiana, quasi vent’anni dopo i fatti. La vicenda, che ha visto Alberto Stasi condannato in via definitiva, resta avvolta da interrogativi irrisolti e nuove piste investigative hanno recentemente riportato l’attenzione sul caso. Tra queste, l’iscrizione di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, tra gli indagati per concorso nell’omicidio, ha riacceso il dibattito sulla correttezza del procedimento giudiziario.

Vittorio Feltri, da sempre vicino alla difesa di Stasi, ha espresso la sua posizione rispondendo a una lettera nella sua rubrica per Il Giornale, sottolineando come il giovane non sia soltanto “il grande innocente dimenticato di questa storia. È anche un’altra vittima di questa storia di malagiustizia”.

Caso Garlasco, Feltri: “Dove portano quelle tracce…”

Le sue dichiarazioni richiamano l’attenzione sulle tracce rinvenute nella casa della vittima, che, ribadisce il giornalista, “non riconducono ad Alberto”, aprendo la strada a un possibile riesame dei fatti alla luce delle indagini attuali della Procura di Brescia. Feltri descrive il caso Garlasco come “un labirinto giudiziario indegno di un Paese civile” e denuncia un fallimento delle indagini iniziali che avrebbe compromesso l’esito del processo.

A suo giudizio, il pregiudizio verso il fidanzato della vittima ha pesantemente influenzato l’iter giudiziario: “Uno stereotipo: è sempre il fidanzato, è sempre l’uomo”. Stasi, secondo il giornalista, è stato privato della giovinezza e condannato senza movente, senza arma del delitto e senza prove certe.

Feltri critica anche le ipotesi di corruzione legate a Giuseppe Sempio e all’ex procuratore Mario Venditti, osservando: “Perché avrebbe dovuto farlo, se era certo che il figlio fosse innocente? Un padre convinto dell’innocenza del figlio non corrompe nessuno… Attende fiducioso che la verità venga a galla”.

Il giornalista conclude con un’accusa diretta al sistema giudiziario italiano:

A Garlasco la giustizia italiana ha fallito. Ancora una volta. Ha annientato un innocente. Ha prodotto ingiustizia su ingiustizia. Morte su morte”, rimarcando come la vicenda continui a generare un dibattito acceso sulla gestione dei processi penali in Italia.