Quando si parla di Gaza, le immagini di conflitto e distruzione sono le prime a emergere. Ma cosa c’è dietro a questi scatti strazianti? Dietro a queste fotografie si nascondono storie di vite spezzate, famiglie che lottano ogni giorno per la sopravvivenza e una fame che non è più solo un termine, ma una realtà drammatica. Bambini, madri e padri che sognano un semplice pezzo di pane, ma la risposta è sempre la stessa: nulla.
La fame non è un’opzione
Taqwa al-Wawi, una giovane donna di Gaza, condivide la sua esperienza, raccontando come la fame sia diventata un pensiero costante. Non si tratta più di una preoccupazione futura; la carestia è già una presenza tangibile. Ogni mattina, i bambini si svegliano con la stessa domanda angosciante: “Mamma, quando possiamo mangiare?” E le madri, con il cuore spezzato, non possono far altro che rispondere che il cibo non c’è. Un silenzio assordante avvolge questa crisi, un silenzio che il mondo sembra ignorare.
Noor, la nipotina di Taqwa, ha solo tre anni e conosce solo la guerra. Ezz Aldin, il suo fratellino, è nato nei mesi più bui del conflitto. Per loro, non esistono opzioni alimentari. L’unico desiderio è un pezzo di pane. Eppure, la risposta è sempre la stessa: “Non c’è farina, tesoro.”
Questa è la nuova normalità. I mercati sono vuoti, i negozi distrutti e la speranza di un pasto completo è svanita. Anche chi ha risorse economiche si trova impotente di fronte a questa situazione. La carestia non fa distinzione di classe; è una condanna che colpisce tutti indistintamente. La vita quotidiana si è trasformata in una lotta per un pasto, una ricerca disperata di cibo sempre più raro.
La perdita di un’era
Prima del conflitto, Gaza era un luogo di abbondanza. Frutti e verdure venivano prodotti e esportati, i prezzi erano accessibili. Ora, trovare anche solo un uovo è diventato un’impresa. La frutta, un tempo economica, è diventata un lusso inaccessibile. Immagina che un cocomero di 21 chili, oggi, costerebbe una fortuna, se solo fosse disponibile!
Le madri di Gaza ricordano i tempi in cui i loro figli avevano diritto a una colazione decente. Oggi, i pasti sono ridotti all’osso. Pasta e riso sono considerati un gran lusso. E quando la fame diventa insopportabile, ci si rifugia nei ricordi di un passato migliore, sfogliando fotografie di pasti che sembrano appartenere a un’altra epoca.
Le università sono chiuse, le aule ridotte in macerie, eppure gli studenti continuano a studiare, sostenendo esami sotto il suono assordante delle bombe. Ogni giorno, le loro conversazioni non riguardano le lezioni, ma la lotta contro la fame e l’ansia di un futuro incerto. “Cosa hai mangiato oggi?” è diventata la domanda quotidiana, mentre il dolore e la stanchezza si fanno sempre più pesanti.
Un appello alla consapevolezza
La fame a Gaza non è un evento isolato; è il risultato di un conflitto prolungato e di una crisi umanitaria che non può essere ignorata. È fondamentale comprendere che la gente di Gaza non sta semplicemente affrontando una crisi economica. Stanno vivendo un genocidio, una situazione in cui la fame è usata come arma di guerra. È tempo che la comunità internazionale apra gli occhi e agisca.
Il cibo è un diritto umano, non un privilegio. Le persone di Gaza non chiedono pietà; chiedono giustizia. È ora di fermare questo ciclo di violenza e carestia. È tempo di restituire a queste persone la loro dignità e il diritto di vivere senza paura. L’umanità non può rimanere in silenzio mentre una generazione intera viene distrutta dalla fame.
La storia di Gaza è una storia di resilienza. Nonostante le avversità, il popolo di Gaza continua a lottare per la sopravvivenza. Ma per farlo, ha bisogno del supporto del mondo. È tempo di agire, di ascoltare e di non voltare le spalle a una crisi che colpisce i più vulnerabili. Non possiamo permettere che la fame diventi la nuova normalità.